Ma che fine ha fatto il buon proposito, dichiarato più volte in questi ultimi 6 mesi dal ministro dell’istruzione Stefania Giannini, di rinnovare il contratto della scuola? Apriamo il libro dei ricordi e troviamo che, già alla fine di febbraio 2014, il ministro Giannini dichiarava al Corriere della Sera: “Gli insegnanti? Sono pagati troppo poco”.
Alla fine di marzo 2014 la Giannini afferma: “Il sistema di valutazione si lega anche al rinnovo del contratto. L’obiettivo è la valorizzazione delle figure che aiutano lo sviluppo dell’autonomia scolastica e una carriera che non può più essere legata solo agli scatti di anzianità”.
Continuando a girare le pagine di questo libro virtuale, ricordiamo che tra la fine di aprile e la metà di maggio 2014 lo stesso ministro Giannini, lancia la sfida ai sindacati, imponendo un rinnovo in tempi stretti di un contratto-scuola che si basi principalmente sul riconoscimento del merito degli insegnanti. Partendo dal principio che i docenti non sono tutti uguali, il ministro Giannini è decisa a rivoluzionare il sistema di avanzamento di carriera economica dei docenti. In questa occasione la responsabile del Miur bacchetta pesantemente i sindacati : “La funzione del sindacato non è quella di proteggere in qualche modo i diritti acquisiti ma di partecipare ad un processo di profonda trasformazione”.
Nel ricordare le dichiarazioni fatte dal ministro dell’Istruzione Giannini, ritorna sempre d’attualità l’intenzione di rinnovare il contratto della scuola, che ormai non è più rinnovato dal 2007 e che ha perso anche la sua identità giuridica nel corso di questi anni. Un contratto deprivato di alcuni diritti, abrogati scientemente per via legislativa dal 2008 ad oggi. Adesso urge il suo rinnovamento, così come urge la riscrittura del Testo unico della scuola, che è troppo vecchio, strutturato per una scuola centralizzata e che non ha visto la luce quando ancora non era nata l’autonomia scolastica. Anche ultimamente a fine agosto il ministro Giannini parla di rinnovo del contratto: ”Chi fa di più prende più soldi”.
Questa sarebbe la ratio principale da inserire nel confronto del rinnovo del contratto degli insegnanti previsto comunque per il 2015. Il responsabile del Miur ritiene che la riforma delle supplenze rientrerà anche nel prossimo contratto che potrebbe prevedere nuove figure professionali o cambiare le mansioni di alcuni insegnanti che andrebbero a coordinare progetti formativi”. Si parla molto di rinnovo del contratto, ma non si convocano i sindacati per trovare un accordo e un punto d’incontro. Come mai? Qual è l’intenzione del ministro riguardo questo rinnovo contrattuale? Per adesso, allo stato dei fatti, si sta parlando di blocco contrattuale per tutto il 2015 e poi mancano le risorse finanziare per rinnovare questo ipotetico contratto. I sindacati sono messi ai margini della discussione ed ogni provvedimento è preso in modo unilaterale dal governo, che procede senza aprire tavoli di confronto con i sindacati. Il governo apre una consultazione via web con famiglie ed insegnanti, saltando il normale confronto con le rappresentanze sindacali. Ma tutto questo è normale? Guardando la storia del nostro Paese, la cosa risulta essere un’assoluta novità. Non è mai successo che i sindacati stessero così lontani e fossero così inascoltati su temi come l’orario di servizio, le fasce di merito e quindi quelle stipendiali. Cosa sta succedendo? Si teme che il governo Renzi stia pensando di compiere, sul rinnovo contrattuale della scuola, un atto unilaterale. Il rischio concreto è che si possa procedere per decreto. Sarebbe un decreto che andrà ad incidere sullo stato giuridico dei docenti e sulla loro progressione di carriera, anche in chiave economica . Se così fosse sarebbe la prima volta che un governo lascerebbe fuori dai tavoli contrattuali i sindacati. Se così sarà assisteremo, purtroppo sulla pelle degli insegnanti, alla fine dell’esperienza del sindacato concertativo. Almeno speriamo che poi risorga un sindacato unito e fortemente rivendicativo, capace di cambiare le regole degli scioperi e di mettere in crisi qualsiasi Governo.
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