Stop al Femminicidio, una staffetta dell’Udi partirà dalla Sicilia il 25 novembre
Abbiamo voluto una Staffetta di donne per dire che la violenza sulle donne deve finire. Vogliamo dirlo, non solo, nelle grandi manifestazioni nelle grandi città e nei comunicati stampa che siamo costrette a scrivere quasi quotidianamente, ma anche in provincia, nei paesi, nei piccoli centri. Lo sappiamo, la violenza si esprime in tanti modi: omofobia, razzismo, pedofilia, e poi l’avvelenamento dell’ambiente… e altro ancora.
Con questa iniziativa vogliamo dire basta alla violenza sessuata e al femminicidio.
L’Istat nel febbraio 2007 ci ha detto che sono 14 milioni, in Italia, le donne oggetto di violenza fisica, sessuale o psicologica, che i soprusi sono commessi soprattutto dal partner e che, tra i 16 e i 50 anni tra le cause di morte, la violenza viene prima di malattie o incidenti stradali.
Noi sappiamo che la violenza sessuata va ben oltre i numeri e la qualità delle statistiche ufficiali. Nel 2006 abbiamo promosso una prima Campagna nazionale per attirare l’attenzione di tutti, comprese le istituzioni, su quella che è avvertita come una vera e propria emergenza. E l’abbiamo chiamata “Stop al femminicidio”.
Femminicidio è parola ancora assente nei dizionari della lingua italiana. Feminisidio viene coniata a Ciudad Juarez, una città messicana ai confini con gli Usa, dove dal 1993 ad oggi, 413 donne sono state uccise e 600 sono scomparse.
UDI l’ha fatta propria, traducendola in femminicidio e ne ha assunto il senso politico usandola in ogni occasione: manifestazioni, volantini, comunicati.
Così, piano piano, è entrata nel linguaggio comune.
Femminicidio: cioè uccisione di donne per mano di uomini. In genere gli assassini sono fidanzati, mariti o ex, ma anche padri, fratelli, conoscenti, solo qualche volta estranei.
Era necessario dare il nome appropriato a questo fenomeno terribile, che altrimenti rischiava di passare come un qualsiasi altro fatto di cronaca nera.
Per combattere un nemico tanto violento, per contrastare ogni più piccolo germe di questa malattia, dobbiamo guardare alle donne che subiscono violenza quella donna picchiata con altri occhi: quella donna siamo NOI.
Non possiamo pretendere che lei da sola faccia quello che noi tutte non riusciamo a fare: far smettere agli uomini di essere violenti.
Quella donna, come noi, se ha un lavoro è precario e spesso sottopagato, almeno rispetto a quello equivalente di un uomo; se ha una casa spesso ce l’ha insieme a un uomo e ai figli. Se poi quella donna si rivolge alle istituzioni, quali risposte troverà se ovunque si decide, compreso il Parlamento, le donne sono pochissime?
Esiste una nazione di donne che può apparire invisibile e senza corpo, che tuttavia noi tutte vediamo e riconosciamo ogni giorno e ogni momento, quando facciamo la fila davanti agli sportelli, quando siamo sul tram o nella metropolitana.
Oggi, NOI ci riconosciamo le une con le altre cittadine di questa nazione misconosciuta, oscurata e maltrattata.
Nazione: i Latini la chiamavano Natio, Dea della nascita.
Vogliamo riconoscerci come cittadine, pur diverse per territorio, lingua, etnie e status sociale e culturale, per affermare l’esercizio pieno e uguale del nostro diritto di cittadinanza paritaria ovunque nel mondo.
Gli uomini già si riconoscono cittadini di uno Stato nel quale tutto, ma proprio tutto, è improntato e regolato a loro misura, anche i nostri atti procreativi.
Ciascuna di noi sa chi è oggi come cittadina, quali sono i suoi diritti e quanto deve faticare per affermarli. Se una donna viene da altri paesi, noi abbiamo cura di informarla e sostenerla.
Per la Staffetta, abbiamo pensato a parole che sintetizzassero tutto questo: Lorena ed Hiina siamo noi, infatti la Staffetta di donne contro la violenza sulle donne percorrerà l’Italia intera per un anno intero, a partire dalla giornata internazionale del 25 novembre; partirà da Niscemi, dove è stata assassinata Lorena e si concluderà a Brescia, dove è stata sgozzata Hiina. Sarà un modo di dire a tutti forte e chiaro che tu, io, noi siamo unite e diciamo basta alla violenza.
Simbolo e testimone della Staffetta, che attraverserà l’Italia passando di mano in mano, è un’anfora con due manici, così che la possano portare due donne. Questo gesto di “portare insieme” vuol proprio significare l’importanza della relazione, della solidarietà, della vicinanza tra noi su tutti i temi che ci toccano profondamente.
In ogni luogo in cui la Staffetta passerà, le due donne che l’hanno avuta in consegna la consegneranno ad altre due pubblicamente.
Le donne che aderiscono alla Staffetta, organizzeranno iniziative pubbliche, come dibattiti, mostre, seminari, proiezioni video.
L’anfora, al suo passaggio, diventerà una testimone “viva”, perché le donne potranno infilarvi un biglietto con pensieri, immagini, denunce, parole.
Tante in questi mesi hanno colto il senso profondo dell’evento che intendiamo costruire e hanno risposto, hanno chiesto di partecipare e chiesto chiarimenti. La Casa editrice “La Tecnica della Scuola” ha già dato la propria adesione tramite le donne della Redazione (nella foto).
ADESIONI E INIZIATIVE
Possono aderire alla Staffetta donne singole e associazioni di donne compresi i coordinamenti femminili di sindacato.
È esclusa l’adesione di partiti, le donne invece sostengono la Staffetta a titolo personale.
Ogni donna o associazione che aderisce comunica in linea di massima l’iniziativa che intende svolgere al passaggio dell’anfora testimone (dibattiti, rappresentazioni, sit-in, spettacoli, eccetera).
– 21 novembre 2008, Roma – Conferenza stampa nella Sede Nazionale dell’Udi – via Arco di Parma 15, per annunciare la partenza della Staffetta.
– 25 novembre 2008, Niscemi – Consegna dell’anfora testimone da parte di una delle delegazioni nazionali dell’Udi alle donne di Niscemi in Sicilia – Partenza ufficiale della Staffetta.