Da qualche anno a questa parte i dirigenti scolastici, oltre ad assumere sempre più il ruolo di “manager”, come si è più detto dopo la Buona Scuola, sono spesso chiamati anche a ricoprire il ruolo di avvocati, ovvero come rappresentanti dell’amministrazione pubblica nei tribunali.
A tal proposito si leva la protesta dei Ds, sempre più impegnati con burocrazia, gestione dei costi e del personale, adesso anche l’onere di avvocati li rende particolarmente contrari.
Nei giorni scorsi, l’Udir ha inviato una lettera al Ministero dell’Istruzione, in cui recriminava tale aggravio del lavoro del preside: “Ma un dirigente scolastico è il dipendente pubblico più adatto per occuparsi delle cause di lavoro che riguardano l’amministrazione pubblica? Sicuramente no. Per questo motivo il giovane sindacato ha deciso di chiedere spiegazioni formali al Miur e all’Usr Sardegna, uno degli uffici regionali italiani da dove stanno partendo il maggior numero di deleghe di questo genere”, scrive il sindacato guidato da Marcello Pacifico, che fa notare come in questa pratica ormai consueta, i presidi rischiano anche condanne penali. Anche perché, come spiega Ezio Delfino di Disal su Il Fatto Quotidiano, “non ci si improvvisa esperti di diritto da un giorno all’altro”.
Pacifico, a sostegno della tesi che il preside non può “vestirsi da avvocato” per l’amministrazione, ricorda il lavoro sempre più caotico che affronta oggi il dirigente scolastico. Senza contare il problema delle reggenze, piaga della scuola italiana che, con il prossimo concorso dirigenti scolastici, si proverà quantomeno a dimezzare: “Al Miur, fanno finta di non sapere che i nostri dirigenti gestiscono quotidianamente almeno cinque plessi scolastici, che in quasi 2mila casi si raddoppiano poiché reggenti di due o più istituti. Perché devono surrogare gli appositi uffici legali dello Stato, deputati a svolgere per mandato questa delicatissima attività?”
L’organizzazione sindacale Udir, tramite la lettera chiede, pertanto, alla Ministra dell’Istruzione “di diramare apposita direttiva chiarificatrice finalizzata a sgravare i dirigenti scolastici da questa iniqua incombenza e al Direttore dell’U.S.R. Sardegna la revoca delle deleghe in essere”, prendendo spunto dagli ultimi casi segnalati.
In realtà, il Ministero dell’Istruzione ha le spalle coperte dal codice di procedura civile: “Nelle controversie relative ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al quinto comma dell’articolo 413, limitatamente al giudizio di primo grado le amministrazioni stesse possono stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti“, che specifica in una nota: “la norma in esame prevede una particolare figura di difesa personale al fine di ridurre la mole di lavoro dell’Avvocatura dello Stato, che trova applicazione nelle ipotesi in cui la p.a. sia attrice o convenuta. Sono infatti i dipendenti della stessa p.a. che sostengono la difesa dell’amministrazione davanti al giudice del lavoro, eccezione fatta per le ipotesi in cui vengono in rilievo questioni di massima o di notevoli riflessi economici dove è l’Avvocatura dello Stato che decide di assumere direttamente la trattazione della causa“.
Quindi, in realtà, fino al primo grado, è legittimo utilizzare il dirigente scolastico come avvocato dell’amministrazione. E il codice specifica proprio per il fatto di voler ridurre la mole di lavoro all’Avvocatura di Stato.
Stiamo comunque parlando di procedimenti non troppo complessi, ma, la domanda che sorge spontanea è questa: se il primo grado è affidato ai dirigenti scolastici per non sovraccaricare gli avvocati di Stato, chi pensa a non sovraccaricare i dirigenti scolastici?
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