Stop al registro elettronico: questa la decisione di una scuola di Firenze, un istituto comprensivo, deliberata dal consiglio d’Istituto, come riporta Il Fatto Quotidiano. Si tratterebbe di una sperimentazione per “limitare la dipendenza degli alunni dal cellulare”.
Al momento sarebbe una soluzione temporanea. Dal 19 febbraio al 4 marzo gli esercizi da fare il pomeriggio e le pagine da studiare saranno soltanto dettati in classe e riportati su un registro cartaceo sulla cattedra. Ecco le parole del dirigente scolastico nella circolare che annuncia la novità:
“La motivazione di tale ‘esperimento’ è l’evidenza riscontrata che l’impegno educativo di docenti e genitori di limitare la dipendenza degli alunni dal cellulare sia in contrasto con il fatto che sia proprio la Scuola a imporne, concretamente, l’uso, costringendo gli alunni alla consultazione frequente del cellulare stesso per sapere quali siano i compiti per casa. Oppure a dipendere dai genitori per l’espletamento di un compito che è solo scolastico. Vero che gli alunni potrebbero benissimo prestare più attenzione ai docenti quando dettano o scrivono alla lavagna i compiti; ma ci rendiamo conto che, poiché gli alunni hanno l’alternativa comoda di aspettarli sul Registro Elettronico, sovente il diario vien lasciato in bianco”.
“Pertanto, come tentativo educativo per aiutare i ragazzi ad acquisire l’autonomia nella gestione dei propri compiti e per non avere un motivo in più, anche se facoltativo, di stare al cellulare, nei prossimi giorni si procederà, come era prima dell’avvento del registro elettronico, a mettere sulle cattedre delle 18 classi un registro cartaceo dove i docenti annoteranno a penna i compiti per i giorni della settimana, mentre li dettano alla classe”.
“I docenti non dovranno più trascrivere i compiti assegnati sul Registro Elettronico, che continuerà ad avere tutte le altre funzionalità: gestione assenze, giustificazioni, comunicazione dei voti, rapporti scuola-famiglia, note disciplinari, prenotazione dei colloqui, eccetera. Al termine di questo mese ‘sperimentale’, durante il quale siete tutti invitati, docenti e genitori, a fornire le vostre valutazioni e osservazioni, il Consiglio d’Istituto trarrà nuove deliberazioni per continuare o meno questa strada intrapresa”.
Ecco cosa ha aggiunto il preside ai microfoni del quotidiano: “Siamo tutti dipendenti dalla tecnologia ma ogni strumento nuovo porta con sé utilità ma anche i rischi di un abuso. Sono dieci anni che usiamo il registro elettronico ma abbiamo osservato che fa perdere competenze di base come prendere un appunto con la penna. E’ chiaro che la piattaforma è comodissima per tutti, soprattutto per i docenti ma l’insegnamento riguarda anche la concentrazione, l’attenzione, l’autonomia da conquistare. Ora accade che i ragazzi non hanno nemmeno il diario con sé. I genitori ci dicono che non vorrebbero dar loro il cellulare a dieci anni ma per i compiti sono costretti a comprarglielo: la scuola non dev’essere il cavallo di Troia per introdurli per forza nel mondo digitale. L’uso del telefonino deve diventare una scelta del professore non un’imposizione per i compiti”.
Si discute in questi giorni del disagio, segnalato di recente, che provano i bambini e i ragazzini di fronte alla scrittura in corsivo. A quanto pare i piccoli non riescono facilmente a imparare il corsivo, prediligendo la soluzione più semplice, lo stampatello.
Pare anche che questa difficoltà derivi dall’uso, eccessivo, di dispositivi elettronici come smartphone e tablet. “Nella seconda elementare in cui insegno – racconta una maestra a La Repubblica – i bambini quasi esprimono un disagio di fronte al corsivo. La fatica delle forme tondeggianti, della precisione, della grafia comprensibile, li porta a rifiutare il corsivo. ‘In stampato scrivo meglio’ mi dicono”.
A quanto pare le difficoltà ci sono anche alle superiori. “Io non accetto compiti in classe che non siano scritti in corsivo – afferma una docente in un liceo – e più di una volta sono stata contestata dai ragazzi con l’accusa di ‘non lasciarli liberi di esprimersi’, fraintendendo, in tutta evidenza, sia il concetto di libertà che di espressione”.
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