È un piccolo saggio sulla storia, la civiltà, il commercio, le partiche mediche della Cina dei primi secoli dopo Cristo e pure dell’impero romano nel momento della sua massima espansione, compresi i popoli che con entrambi ebbero a che fare; quelle regioni cuscinetto, cioè, tramite le quali i due grandi popoli vennero a contatto, grazie soprattutto al traffico della seta, apprezzatissima dalle matrone, e di altri prodotti pregiati e richiestissimi come tutte le varietà di spezie. Due civiltà lontane ma che gli scambi commerciali, come anche tutt’ora avviene, avvicinarono fino a scambiarsi virus e malattie che coi sacchi e le derrate alimentari viaggiavano, sia per mare che per terra a bordo delle carovane. Ma non solo. Nei primi secoli dell’era volgare, ma anche prima, si verificava nella popolosa Cina ciò che oggi è registrato con la diffusione del Covid, vale a dire la migrazione di agenti patogeni dagli animali all’uomo, per causa sia dell’aumento continuo della popolazione, e dunque della ricerca di sempre nuovi spazi per le colture e i seminativi, togliendoli così agli habitat naturali, e agli allevamenti intensivi, e sia per l’assenza universale di condizioni igieniche che potessero tenere a bada i batteri e i virus mortali.
Giuseppe Testa, già giornalista, e ora anche divulgatore scientifico, manda alle stampe, per Salerno Editore, un pregevole saggio, più che attuale in questo periodo, su una delle più terribili pandemia che siano state mai registrate dagli storici in epoca romana: “La peste antonina. Storia della prima pandemia: dalla Cina alla Roma imperiale”, nel quale la tesi di fondo, ma non l’unica, è che l’infezione animale-uomo, come nel caso del Covid-19 o di quell’alta rappresentata dalla Hiv, sarebbe possibile registrala già almeno due mila anni fa e con gli stessi stratagemmi narrati dei virologi dell’odierno terzo millennio. E a conferma porta, con un profluvio straordinario di documenti, relazioni e raffronti ponderati tra le varie fonti latine e quelle della Cina degli Huan, tramite i quali viene per certi versi confermata la tesi che la “peste antonina, tra il 166 e il 180 d.C., che provocò milioni di morti, sia arrivata in Occidente dalla Cina per causa anche dell’incrocio in Persia tra i legionari romani in guerra coi Parti e i mercanti cinesi in pianta stabile a Baghdad, lungo la via della seta.
In altre parole, quella che noi chiamiamo globalizzazione, era già presente fin dal II secolo d.C. e non solo nei rapporti commerciali con il lontano oriente ma anche con le popolazioni “barbariche” del nord e dell’est europeo, con cui Roma si rapportava anche in termini di truppe da assoldare per le sue guerre imperialistiche, scatenate per trovare sempre nuove fonti di approvvigionamento alimentare, comprese le deforestazioni per procurarsi legnami per le navi da carico e da guerra.
Già nel 463 a.C., la sovrappopolazione, stipata con le bestie entro spazi angusti e privi di qualsiasi protezione igienica, innescò una terribile pandemia, descritta da Tito Livio secondo cui la epizoozia bovina, con intuizione modernissima, sarebbe passata agli umani e chi ne era contagiato non superasse “il settimo giorno” di vita.
Prove documentali inoltre di contagi arrivano pure dai papiri egizi che riportano di intere comunità rurali cancellate dai tributi a causa della devastante moria dei suoi contadini, mentre sempre in Cina, dal 151 al 168 d.C., si verificarono ben sei flagelli pandemici con altri milioni di morti che solo le abituali generose nascite riuscirono a colmare.
Sicuramente, conclude Testa in questo suo originalissimo e notevole saggio, ciò che sappiamo sulle pandemie del passato, compresa quella terribile, nota alla storia come “peste nera”, non sono del tutto esaustive perché i documenti descrivono gli eventi nelle aree più importanti, tralasciando quindi altre stragi batteriche, fra cui anche quelle provocate dal vaiolo, avvenute al di là dei confini dell’impero romano, come pure quelle altre scoppiate nelle più remote periferie del vasto impero cinese. Impreziosisce il lavoro certosino di Giuseppe Testa, confermandone il valore storico, la prefazione di Kyle Harper fra i maggiori esperti di storia delle epidemie e autore di numerosi saggi sul tema.
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