Luca Rampazzo, 27 anni, laureato col massimo dei voti in Giurisprudenza, racconta la fondazione della sua casa editrice “Leolibri” e come “salvare il mondo, con un’idea alla volta”, ad Affaritaliani.it:
“Usare Internet per far sì che le esperienze letterarie degli scrittori, soprattutto quelli amatoriali, non si perdano col tempo. Abbiamo inoltre un’idea etica del mercato, incentrata su maggiori profitti per l’autore e minor prezzo per il lettore. In ultimo, in ambito scolastico, crediamo in una rivoluzione digitale che sia partecipata dai docenti: invece di imporre sistemi che vengono percepiti come alieni, coinvolgere i professori facendo scrivere loro i testi scolastici, garantendo al docente maggiori entrate, alle famiglie un buon risparmio (oltre il 50%) e agli studenti una didattica su misura”.
Per Luca infatti appare “scandaloso che nell’epoca dell’ebook si debba ancora pagare per pubblicare. Da lì è nato tutto, un progetto alla volta, un’idea per volta”.
E così, dice il giovane imprenditore, sta capitando che “sempre più scuole stanno aderendo, sempre più professori stanno producendo materiale e confidiamo di partire a settembre con i primi istituti. La più grande soddisfazione, in ogni caso, è che stiamo contribuendo a riscrivere l’idea di scuola in cui i nostri figli studieranno, e di farlo senza bisogno dello Stato e in un’ottica cooperativa con i professori. Se andrà in porto, sarà la prima riforma scolastica in 80 anni ad essere fatta dal basso ed accolta senza scioperi. Certo è difficile, ma è un obiettivo per cui vale la pena alzarsi presto la mattina ed andare a letto tardi la sera”.
Per Luca Rampazzo e per i suoi amici “Il web è il futuro, non richiede infrastrutture, non richiede magazzini, non richiede nulla se non un’idea e la determinazione per portarla avanti. Ai miei coetanei dico che l’unica cosa che dobbiamo difendere a tutti i costi è la capacità di immaginare, di vedere, un domani diverso. Se uno la perde non ha, letteralmente, un futuro suo e sarà condannato a vivere nel futuro di qualcun altro”.
Il problema per il giovane editore e dei suoi amici non appare quello di svecchiare, rottamando chi non ha competenze informatiche, ma cambiare prospettica culturale:
“Io non credo sia un fattore anagrafico, ma piuttosto che sia un fattore culturale. Questa terra ha paura del futuro. Al tg si parla spesso dei rischi dei social network, mai delle opportunità di lavoro e di guadagno che offrono. Nella scuola l’esempio dell’inefficienza è la mancanza di carta igienica, non il ritardo digitale. La nostra battaglia è contro la “scuola della carta igienica”, contro l’idea che il passato, la tradizione e il metodo di insegnamento non possano coesistere con il digitale. Il nostro traguardo sarà stato raggiunto quando passerà l’idea che il digitale è un mezzo, non un fine. E’ una battaglia difficile, soprattutto perché in alcuni settori, come la scuola, l’età media è alta e lo è anche l’analfabetismo digitale. Ma solo le grandi sfide meritano di essere combattute!”
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