I lettori ci scrivono

Storie di concorsi truccati

La vicenda dei concorsi truccati nelle Università italiane per il reclutamento dei professori ordinari, associati e ricercatori ripropone all’attenzione mediatica il problema dell’assenza della valutazione e della progressione di carriera per merito e non per altri sistema noti ormai a tutti.
La domanda che sorge spontanea è dove sta la meritocrazia in Italia? Altro che meritocrazia: nel nostro Paese parlare di questo tema è tabù, anzi ci si fa un baffo! In Italia c’è gente che nel corso degli anni ha investito tanto costruendosi un bagaglio di conoscenze e di competenze ragguardevoli: lauree, corsi di perfezionamento, dottorati di ricerca, master, pubblicazioni, che si è poi ritrovata con un pugno di mosche in mano.
Sta di fatto che in Italia la persona preparata, competente, con un background culturale di tutto rispetto resta alla porta nella vana speranza che qualcuno si accorga di lui. Dall’altra parte c’è gente, invece, che con pochi titoli ricopre prestigiosi incarichi forse non avendo nemmeno le competenze adeguate a ricoprire ruoli importanti.
Negli altri Paesi dell’Europa non è così perché si premia il merito, l’efficacia, la competenza dimostrata sul campo. Non dobbiamo affatto meravigliarci che cresce sempre di più la fuga dei cervelli, che i giovani vanno a studiare all’estero e affermarsi in quel Paese europeo dove hanno speso forze ed energie vogliono a tutti i costi restare fuori dall’Italia e non farvi ritorno.
La nostra Nazione invita poco a costruirsi un futuro, ad affermarsi nel campo professionale perché quello che offre è veramente poco allettante. I giovani fuggono all’estero e preferiscono proseguire gli studi altrove perché si sentono gratificati. In Italia no.
Devono patire anni ed anni di precariato con stipendi da fame! Che vergogna. Ecco perché non siamo considerati a livello europeo, dove i giovani veramente capaci e volenterosi ricevono offerte soddisfacenti da Enti di Ricerca e Università che propongono contratti di lavoro vantaggiosi e onorevoli. L’Italia non investe in cultura e formazione pur avendo una storia economica, sociale, culturale da invidiare agli altri Stati del Vecchio Continente.
È veramente una constatazione amara, che non lascia speranze e sono molti i casi che la cronaca ci propina di scandali nella Pubblica Amministrazione, di concorsi “vellutati”, di assunzioni scese col “panarello” dal cielo sulla base di requisiti minimi e non ponderati su curriculum e competenze adeguate e certificate.

Mario Bocola

 

 

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