Il mondo della scuola è fatto di tante piccole storie.
E, parafrasando Guccini, è appunto una piccola storia (nobile o ignobile che sia) che vi voglio raccontare.
Una docente precaria, affetta da una rara malattia, è costretta ad un intervento chirurgico per una protesi alla caviglia.
Purtroppo, vi sono una serie di complicazioni che la portano a vari ricoveri, fin quando è costretta a subire l’amputazione del piede e di una parte della gamba.
Al danno fisico e psicologico, si aggiunge la beffa. La scuola smette di pagarle lo stipendio.
Il CCNL di comparto prevede un diverso trattamento economico in caso di malattia per i docenti precari e quelli di ruolo.
Infatti, al personale di ruolo spetta:
a) l’intera retribuzione per i primi nove mesi di assenza;
b) il 90% della retribuzione per i successivi 3 mesi;
c) il 50% della retribuzione per ulteriori 6 mesi,
Invece, al personale precario (con contratto a tempo determinato assunto per supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche) spetta:
a) l’intera retribuzione per il primo mese di assenza;
b) il 50% della retribuzione nel secondo e terzo mese;
c) nessuna retribuzione per gli ulteriori periodi, ma esclusivamente il diritto alla conservazione del posto, per un periodo complessivo di 9 mesi in un triennio.
L’Accordo Quadro europeo sul contratto a tempo determinato dispone (Clausola 4, comma 1):
“Principio di non discriminazione.
1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
Secondo la Corte Europea, tale clausola vieta la disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ancorchè la medesima sia prevista da disposizioni legislative, regolamentari di uno stato membro o da contratti collettivi.
Appare evidente che le disposizioni contrattuali in materia di assenze per malattia del personale precario non sono compatibili con quanto previsto dalla normativa europea.
C’è da dire, però, che il Contratto della scuola dispone che per le assenze dovute a ricovero ospedaliero e alla successiva convalescenza (nonché per le terapie salvavita) spetta comunque l’intera retribuzione, senza alcuna decurtazione.
Secondo l’art. 19 del CCNL, per al personale precario si applicano, le disposizioni in materia di ferie, permessi e assenze stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato”, con la precisazione del diverso trattamento economico per le assenze oltre il primo mese.
La sfortunata docente dunque aveva ed ha il diritto di percepire l’intero stipendio anche dopo il primo mese, in quanto la sua assenza è dovuta a ricovero ospedaliero e alla successiva convalescenza, in virtù dell’espresso richiamo disposto dall’art. 19 alla disciplina delle assenze per il personale con contratto a tempo indeterminato.
Una diversa interpretazione si porrebbe in contrasto non solo con la normativa europea, ma con i principi costituzionali di parità di trattamento e di tutela del diritto alla salute.
Resta il fatto che di fronte al rifiuto della scuola, la docente invalida, privata ingiustamente dello stipendio, dovrà rivolgersi alla Magistratura, accollandosi le spese e i rischi di un processo.
Eppure si fa un gran parlare di azioni positive per la tutela dei lavoratori disabili.
In questo caso, la discriminazione viene messa in atto proprio da un’istituzione scolastica che ha tra i propri fini la tutela e l’integrazione dei soggetti in difficoltà.
Che ne pensa il Ministro Bianchi?
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