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Strage di Capaci, il monito di Mattarella: chi non è contro la mafia è complice. E il figlio di Borsellino parla di depistaggi

Sono passati 29 anni dalla barbara uccisione, per mano mafiosa, di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti della scorta: era il 23 maggio del 1992. A sentire le testimonianze e le celebrazioni, però, l’indignazione per quel vile assassinio rimane intatta.

Nel giorno di ‘Palermo chiama Italia’, l’iniziativa voluta dal ministero dell’Istruzione (in particolare da Giovanna Boda, capo del dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali) e dalla “Fondazione Falcone” presieduta dalla sorella Maria per ricordare la strage di Capaci, nell’aula bunker dell’Ucciardone hanno un forte peso specifico le parole del Capo dello Stato: Sergio Mattarella parla in un luogo “di grande valenza simbolica, dove la Repubblica ha assestato colpi di grande rilievo nel cammino della lotta contro la mafia”.

Il Capo dello Stato: tantissime vittime

Poi il Presidente della Repubblica ammonisce: “La mafia, lo sappiamo, esiste tuttora. Non è stata ancora definitivamente sconfitta, è necessario tenere sempre la guardia alta e l’attenzione vigile da parte di tutte le forze dello Stato”.

Mattarella quindi invia un chiaro monito: non c’è spazio per “nessuna zona grigia, nessuna omertà, né tacita connivenza: o si sta contro la mafia o si è complici dei mafiosi, non vi sono alternative”.

Il Capo dello Stato definisce “impressionante” la quantità delle vittime della mafia: “una lista interminabile, una scia di sangue e di coraggio, che ha attraversato dolorosamente la nostra storia recente”.

Riferendosi anche a Giovanni Falcone, cui seguì l’attentato mortale di Paolo Borsellino, Mattarella sostiene che “la loro morte ha provocato lutti, disperazione, sofferenze. Non li possiamo dimenticare. Ognuno di loro ha rappresentato un seme e chiede decisi passi avanti verso la liberazione e il riscatto”.

Poi dice che “al contrario di quanto i mafiosi speravano, la conseguenza del sacrificio di Falcone, Borsellino e di chi si trovava con loro è stato il grande aumento della diffusione, permanente nel tempo, di una mentalità nuova, di consapevolezza e di rifiuto del fenomeno mafioso”.

Non ci sono gli studenti

Nel bunker palermitano, a due passi dal porto, a causa del Covid per il secondo anno consecutivo non ci sono i ragazzi delle navi della legalità, rimaste ferme a Civitavecchia.

Tuttavia, durante la giornata in cui cade l’anniversario della strage di Capaci, non mancano i tradizionali lenzuoli esposti dai balconi dei palazzi istituzionali e delle abitazioni. E non solo a Palermo.

Il ministro Bianchi: servono fatti

Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, segue proprio nel porto di Palermo l’apertura delle celebrazioni con l’Inno di Mameli, poi nel bunker ha mostrato il lenzuolo realizzato dai ragazzi di una scuola romana e affisso al ministero di Viale Trastevere.

Quindi, il numero uno del dicastero dell’Istruzione dice che “bisogna portare la scuola ancora di più al centro del Paese: non più speranze ma fatti concreti”, ha sottolineato Bianchi.

Con il capo della polizia Lamberto Giannini e la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, Bianchi depone una corona d’alloro nella Stele commemorativa di Capaci, sull’autostrada dove la mafia fece saltare in aria con il tritolo il giudice e la scorta.

Lamorgese, parlando nel bunker, tiene a dire che “il metodo di Giovanni Falcone era quello di creare una rete tra organismi investigativi come al tempo del terrorismo, un’intuizione fondamentale”.

La proposta: al via la Biennale dell’Antimafia

Dopo che il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, per rinnovare la memoria, propone una “Biennale dell’Antimafia’ perché “il coinvolgimento dell’arte onorerebbe la memoria più del discorso di un ministro”, è la volta di Manfredi Borsellino, il quale indossando la divisa di vice questore, per la prima volta parla di vero e proprio “depistaggio” nell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio: “Questa uniforme che indosso non l’hanno onorata alcuni vertici della polizia in quegli anni, prima e dopo la morte di mio padre”, sottolinea Manfredi Borsellino.

Un “lavoro straordinario”, lo definisce la Guardasigilli Marta Cartabia, anche lei all’Ucciardone, “a livello europeo, fu Falcone il primo a intuire che occorreva una protezione penale degli interessi finanziari: tra qualche settimana prenderà avvio la Procura europea, una istituzione dell’Ue, anche qui troviamo un lascito di Falcone”.

La sorella di Falcone: lo Stato c’è

Nell’aula bunker non poteva mancare Maria Falcone, che il Capo dello Stato ringrazia per il lavoro che porta avanti da tanti anni: “La presenza delle istituzioni – dice la sorella del giudice – è un segnale per noi importantissimo, il segnale che lo Stato c’è ed è al fianco dei cittadini in questa lunga battaglia per la legalità che portiamo avanti ormai da 29 anni: è il segnale che lo Stato non intende arretrare perché è consapevole che la mafia non è vinta e che deve restare una priorità nell’agenda politica del Paese”, conclude Maria Falcone.

A ricordare i tanti poliziotti uccisi dalla mafia è stato Mattarella nella caserma Lungaro, dove è stata svelata la teca che contiene l’auto della scorta distrutta dal tritolo. Nell’ora esatta della strage di Capaci – alle 17.58 – davanti all’albero Falcone, il silenzio ha chiuso le celebrazioni. L’attenzione si sposta ora al 19 luglio, quando si onorerà il ricordo di Giovanni Borsellino. Poi, inizierà il conto alla rovescia verso il trentennale.

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Alessandro Giuliani

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