Agli attentati di Parigi non dobbiamo reagire con paura e con l’immobilizzazione delle nostre vite, non è questa la strada.
A dirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, a margine di un evento al Miur. Certo, ha spiegato il responsabile del Miur, il governo francese ci ha detto che le visite in Francia “in questi particolari giorni” sono sconsigliate, ma “ci sono tante altre cose importanti che proporremo in Europa e che stiamo già facendo sul piano educativo e sul rafforzamento della sicurezza”.
“Sul tema delle gite – ha precisato Giannini – abbiamo indicato il provvedimento che ha preso il governo francese, in merito a questi particolari giorni, in cui si è sconsigliato alle scuole francesi e dei paesi europei di far convergere le scolaresche in Francia e in particolare a Parigi. Una volontà del governo francese comprensibile per il lavoro di security in corso”.
Alla domanda ‘le scuole italiane sono al sicuro?’, il ministro ha detto che “siamo tutti sicuri in una società che deve tenere conto di una situazione mutata rispetto agli anni scorsi – ha risposto – ma anche di un potenziale di reazione che stiamo dimostrando a tutti i livelli, il mondo della scuola e il primo che sta reagendo con dovuta dignità e forza”.
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Per quanto accaduto a Parigi, ha osservato il ministro, “tutti siamo rimasti scossi, io anche come professore universitario ho una forte sensibilità per il fatto che i giovani talvolta possano essere l’obiettivo più sensibile. Ma anche come genitore, perché abbiamo perso anche noi una ragazza che era lì per studiare”. Come ministro, ha aggiunto Giannini, “io sono profondamente convinta che dai giovani, a partire dalle scuole ma soprattutto nelle università, parta un messaggio forte di contrasto al tema della violenza ma anche al tema della paura che potrebbe essere la risposta più pericolosa alla violenza”.
Giannini è stata anche interpellata a proposito della manifestazione dei musulmani contro il terrorismo ‘Not in my name’, prevista per sabato 21 novembre a Roma: “è sicuramente un atto fondamentale perché non può esserci un Occidente che riflette e costruisce la nuova via e un Islam che rimane da solo. Ci deve essere una partecipazione da entrambe le parti. Non possiamo far sì che si sia in pace da una parte e in guerra da un’altra”.
Il ministro ritiene, in conclusione, che “dobbiamo costruire le nostre vie del sapere, della conoscenza e di responsabilizzazione di quella parte dell’islam che dice ‘not in my name’ e che deve dirlo tutti i giorni anche nelle scuole. Dobbiamo creare un processo integrato di progressiva consapevolezza”.
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