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Stranieri a scuola, secondo Salvini non devono superare il 20%. Ma se così fosse in molte province italiane non si potrebbero formare le classi

Il caso Pioltello sembrava quasi chiuso ma nelle ultime ore ci ha pensato il vicepresidente Matteo Salvini a riaprirlo.

Salvini, in particolare, è intervenuto sulla questione del numero di alunni stranieri iscritti alle classi, affermando: “Se hai tanti bambini che parlano lingue diverse e non parlano l’italiano è un caos. Bisogna controllare la presenza di bambini. Un 20% di bambini stranieri in una classe è anche stimolante ma quando gli italiani sono il 20% dei bambini in classe, come fa una maestra a spiegare?”

La proposta del leader della Lega è apparentemente semplice, di buon senso, ma in molto province italiane sarebbe del tutto impraticabile.
A dirlo e a confermarlo sono gli stessi numeri forniti dal Ministero.

Secondo i dati ufficiali relativi all’anno scolastico 2020/21 queste sono le percentuali di stranieri nelle province a più alta presenza di non italiani

Per una migliore comprensione del dato si deve tenere conto che i valori e la percentuale si riferiscono al totale degli alunni, ma se il conteggio venisse fatto solo sulle scuole del primo ciclo la situazione sarebbe ben diversa.
In realtà in alcune province formare classi con il 20% di stranieri sarebbe del tutto impossibile.
Nelle primarie di Prato, per esempio, la percentuale di alunni cinesi è altissima e ridurla al 20% vorrebbe dire, nel concreto, spostare gli alunni in altre città.
La pubblicazione dell’Ufficio Statistica del Ministero sui dati 2020/21 fornisce anche alcuni numeri interessanti.

Fra i molti dati che il rapporto propone c’è per esempio quello sul numero delle scuole con percentuali particolarmente alte di alunni stranieri.

Il rapporto segnala in particolare “l’aumento delle scuole in cui gli studenti di origine migratoria rappresentano la maggioranza”.
“Dal 2018/2019 al 2020/2021 – si legge – le scuole “over 50%” [e cioè con più della metà di alunni stranieri, ndr] sono passate da 805 a 859, di cui oltre la metà (503 unità) sono scuole dell’infanzia. Seguono 275 scuole dell’istruzione primaria e 44 Secondarie di II grado. A livello regionale, le scuole che superano la soglia del 30% di alunni con cittadinanza non italiana si trovano al nord. Le unità scolastiche di questo tipo sono, in valore assoluto, 1.058 in Lombardia (pari al 13,5% delle scuole in regione), 559 in Emilia-Romagna (16,3%) e 463 in Veneto (10,7%); in Liguria la percentuale delle scuole oltre il 30% arriva all’11,4%”.

Se poi si scende al dettaglio delle classi si può osservare che più del 6% della classi italiane accoglie un numero di stranieri superiore al 30%.  Va detto che questi numeri comprendono anche gli alunni stranieri ma nati in Italia.

Bisogna anche aggiungere che già ora esistono vincoli normativi relativi alla presenza di alunni non italiani, Tali norme vengono richiamate anche nella pubblicazione già citata e stabiliscono che “il numero di alunni con cittadinanza non italiana con ridotte conoscenze della lingua italiana non deve superare di norma il 30% degli iscritti in ciascuna classe e in ciascuna scuola”.
Inoltre “gli Uffici Scolastici Regionali sono tenuti a facilitare una distribuzione equilibrata degli alunni con cittadinanza non italiana tra le scuole attraverso la promozione di accordi a livello locale e intese tra scuola ed Enti locali. Sono previste alcune deroghe in specifici casi. Il limite del 30% può essere innalzato – con determinazione del Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale – a fronte della presenza di alunni con cittadinanza non italiana già in possesso di adeguate competenze linguistiche. In proposito è fatto espresso riferimento agli studenti nati in Italia. Di contro, il limite del 30% può essere ridotto, sempre con determinazione del Direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale, a fronte della presenza di alunni con cittadinanza non italiana per i quali risulti, all’atto dell’iscrizione, una padronanza della lingua italiana non ancora adeguata a una compiuta partecipazione all’attività didattica e comunque a fronte di particolari e documentate complessità”.
In nessun caso, comunque – si legge ancora – le scuole possono rifiutare l’iscrizione di un minore in ragione del superamento di una determinata percentuale di iscritti di origine migratoria”,

Di fatto, insomma, il limite del 30%, che Salvini vorrebbe abbassare al 20%, rappresenta più una indicazione organizzativa di massima che una norma inderogabile, anche perché il rifiuto di iscrizioni di alunni non italiani potrebbe rivestire profili di incostituzionalità e quasi certamente potrebbe essere considerato illegittimo dall’Unione europea.

Reginaldo Palermo

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