Le differenze arricchiscono e nella scuola sono addirittura indispensabili, perché attraverso l’immigrazione si comprendono meglio anche le altre discipline.
A dirlo è stata la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in occasione della presentazione del libro della comunità di S. Egidio “Alla scuola della pace”, un libro che secondo la titolare del dicastero di viale Trastevere “andrebbe conosciuto dentro i percorsi di formazione delle scuole”.
“Nessuno può restare indifferente davanti a queste storie”, ha detto la ministra secondo la quale – riporta l’Ansa – dalla lettura del volume “esce un metodo: quello dell’amicizia, della gentilezza, della qualità della relazione umana”: dal Salvador al Malawi, passando per Buenos Aires fino a Napoli si ripercorre la storia dell’amicizia tra tanti giovani e i bambini, attraverso l’esperienza delle Scuole della Pace della Comunità di Sant’Egidio, presenti in oltre settanta Paesi.
“Sono convinta – ha detto la ministra – che se noi facciamo entrare nelle nostre scuole la conoscenza dell’immigrazione facciamo la più straordinaria formazione dei nostri ragazzi in storia, geografia, abitudini di paesi diversi dal nostro, rapporto tra legge, cittadinanza, povertà. Partendo dall’immigrazione possiamo dare contenuti formativi a 360 gradi anche sulle discipline che normalmente si studiano a scuola”.
Allargando il discorso all’integrazione, “una scuola che non include, che non riconosce le differenze, che non fa costruire una comunità non è scuola, non è educazione“, ha concluso Fedeli. L’apertura della responsabile del Miur verso le culture “altre” è insomma totale.
Ricordiamo che il numero di alunni stranieri nelle nostre scuole è in continua crescita, anche se nell’ultimo biennio ha fatto registrare una leggera flessione rispetto al ritmo precedente. Ad oggi, gli allievi stranieri rappresentano quasi il 10 per cento del totale della popolazione scolastica.
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