Striscioni “forti” durante i cortei? Prof attenti, può partire la denuncia
Partecipare ad una manifestazione tenendo per mano uno striscione dai contenuti “forti” è un comportamento che può portare ad un processo penale. Soprattutto se ci si oppone alla richiesta delle forze dell’ordine di requisirlo. E non fa niente se i protagonisti sono i docenti e se al centro dei contenuti espressi vi sia la scuola. La conferma è giunta nei giorni scorsi a Palermo: quando durante la manifestazione cittadina per la ricorrenza della strage di Capaci, dove nel 1992 perse la vita il giudice Falcone, alcuni insegnanti dei Cobas hanno sfilato esponendo uno striscione con la scritta “La mafia ringrazia lo Stato per la morte della scuola”.
Nell’occasione la polizia, ricorrendo alla forza, requisì lo striscione. E denunciò chi in quel momento si è opposto alla sua rimozione. La formalizzazione dell’atto è giunta ai docenti diretti interessati i primi giugno. I motivi? “Vilipendio allo Stato, manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale”.
Un’accusa grave, da cui i protagonisti dovranno ora difendersi. Immediata la reazione dei sindacati. E non solo dei diretti interessati, i Cobas, ma anche della Cgil di Palermo. “Da 16 anni lo striscione contestato veniva esposto, non era una novità – ha detto Maurizio Calà, segretario della provincia palermitana – e questo fatto la dice lunga sulla gravità della censura e il contenuto dei reati contestati ai docenti per un episodio che tiene ancora il dibattito acceso nel mondo della scuola”.
Il sindacato è si è anche fatto portavoce della Camera del Lavoro di Palermo, che avrebbe considerato inquietante la contestazione di tali reati “solo perché – ha continuato il sindacalista – si sono opposti alla rimozione forzata di uno striscione che veniva esposto da 16 anni nell’ambito della stessa manifestazione. Che ricordiamo è stata sempre autorizzata, pacifica, composta e aperta a tutti i palermitani e ai tanti ragazzi provenienti da scuole di tutta Italia insieme ai loro docenti”. Secondo Calà “la lotta alla mafia è una lotta per le libertà, a partire da quelle di espressione e di pensiero ed è anche una lotta per la difesa dei diritti individuali e collettivi. Al di là della condivisione dei modi e dei termini utilizzati, non si può processare – ha concluso – chi ricorda a tutti l’importanza e le centralità del ruolo della scuola pubblica, e quindi dello Stato, nella lotta alla mafia”.