È stato sospeso il processo, avviato quasi tre mesi fa, al giovane che lo scorso 29 maggio nell’istituto di istruzione superiore Emilio Alessandrini di Abbiategrasso, in provincia di Milano, accoltellò una sua insegnante più volte alla schiena e all’avambraccio, una anche alla testa, per poi minacciare i propri compagni con una pistola giocattolo.
Per farlo usò un coltello di 20 centimetri sottratto al padre e nascosto nello zaino.
Uscito dal carcere a fine gennaio, per il giovane il 10 aprile il processo è stato sospeso con la messa alla prova.
La giudice Paola Ghezzi del Tribunale per i minorenni di Milano ha stabilito, infatti, che il ragazzo dovrà affrontare per due anni un percorso sia scolastico-educativo che di volontariato con l’assistenza dei servizi sociali e un sostegno psicologico.
Con l’ordinanza di stop temporaneo al processo per la “messa alla prova“, come prevede la legge, il giudice “affida” il minorenne “ai servizi minorili dell’amministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali, delle opportune attività di osservazione, trattamento e sostegno”. Messa alla prova che può essere revocata “in caso di ripetute e gravi trasgressioni alle prescrizioni”.
Invece, se andrà a buon fine, con una valutazione positiva, si arriverà all’estinzione del reato contestato di tentato omicidio aggravato.
All’inizio del processo, quasi tre mesi fa, si erano abbracciati: lui, l’imputato non ancora maggiorenne, e lei, la sua professoressa, vittima della terribile aggressione.
“Non posso dimenticare ciò che è accaduto, ma non provo rancore“, aveva raccontato Elisabetta Condò.
La stessa professoressa, che dopo l’aggressione era stata sottoposta ad una delicata operazione di chirurgia plastica e ad un lungo periodo di riabilitazione, ha spiegato più volte, anche dopo quell’abbraccio in occasione della prima udienza del 16 gennaio, che “è giusto che lui abbia una seconda possibilità” e che “non vada più in carcere”.
Due mesi fa il ragazzo, espulso a giugno dalla scuola, era passato dal carcere minorile, l’istituto Beccaria di Milano, ai domiciliari su decisione del Tribunale per i minorenni e su istanza dell’avvocato Robert Ranieli, che lo sta seguendo in tutto il procedimento.
Dopo l’aggressione alla docente, lo studente venne ricoverato nel reparto di Neuropsichiatria infantile dell’ospedale San Paolo di Milano. Subito dopo venne collocato nell’istituto di pena minorile su decisione del gip, dove è rimasto per circa 7 mesi.
Nell’interrogatorio il ragazzo, che aveva ricevuto sei note dall’inizio dell’anno, aveva ammesso le sue “responsabilità”, non riuscendo, tuttavia, mai a fornire una giustificazione per il gesto compiuto.
All’udienza del 10 aprile era presente anche don Gino Rigoldi, per oltre 50 anni cappellano al Beccaria, e che è sempre stato vicino in questi mesi al giovane, dopo quanto accaduto quel mattino a scuola e il suo arresto.