Come riporta Il Messaggero, uno studente di 15 anni di Messina, nei giorni scorsi, si è, purtroppo, tolto la vita. La comunità scolastica dell’istituto che frequentava è, ovviamente, sconvolta. A commentare la tragedia è stata una docente della scuola su Facebook, che ha fatto una riflessione in virtù del ruolo da educatrice che ricopre.
Le domande che tormentano la docente
Ecco lo sfogo: “Un nostro studente è morto, si è suicidato. La notizia improvvisa e inaspettata ci sconvolge tutti. Per i corridoi della scuola, nelle aule studenti e docenti condividono domande e dolore: perché? Perché un ragazzo di 16 anni sceglie di suicidarsi? Docenti, personale ata, dirigenti si chiedono altro: ti abbiamo aiutato? Ti siamo stati vicini e utili? Ciascuno con echi diversi riflette. La mia riflessione: ti ho salutato per i corridoi ti ho chiesto come stavi? E la scuola? Le scuole, tutte, vivono e lavorano con i loro ragazzi, crescono ogni giorno con loro. Quello che vorremmo è accompagnarli fino all’ultimo giorno degli esami di quinto anno e vederli incominciare le loro strade esistenziali con sicurezza, serenità e amore per la vita col bagaglio emotivo e di conoscenze che abbiamo contribuito a costruire. Compito delicato e difficile, noi siamo in prima linea, a volte siamo insufficienti e incapaci. Le risorse: scarse quelle pertinenti, tante quelle ‘altre’ e per nulla pertinenti. I sistemi di monitoraggio, invalsi, pcto, orientamento in entrata, in uscita e di ogni santo del paradiso, pon burocratici e ottusi, seminari per ogni scemenza a fronte di strumenti che davvero sarebbero di aiuto: più personale, più edifici, più supporto psicologico, laboratori stabili di attività socializzanti e creative. Una visione, diffusa presso le istituzioni europee e italiane, della scuola come una fabbrica che crea produttori e consumatori di basso profilo non aiuta, quando non ostacola, chi sta in prima linea, chi soffre, gioisce con i ragazzi. Ma noi si crede e si resiste. Siamo stati sufficienti, utili? Potevamo fare di più? Virgilio, i fiori del chiostro del Cuppari oggi sono per te. Noi ci siamo (insufficienti, inutili, inani) e ci saremo sempre”, ha concluso con amarezza l’insegnante.
L’incontro dibattito con il Garante dell’Infanzia di Messina
Nel frattempo ad aiutare i compagni del ragazzo a elaborare un tale evento traumatico è stato il Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Comune di Messina Angelo Fabio Costantino, che li ha incontrati su invito del dirigente scolastico. Ecco cosa ha detto dopo: “Oggi sono stato all’Istituto Agrario Cuppari, invitato dal Dirigente e dagli insegnanti, per parlare ai ragazzi di vita, amicizia per sempre, amore, dolore. Insieme gli abbiamo detto che ci piacciono i loro orecchìni ed i loro tatuaggi. Che la loro musica, anche se rumorosa, ci interessa perché racconta di loro.Gli abbiamo detto che per noi non è importante se vestono alla moda o se sono stravaganti; se i loro vestiti sono strappati o colorati. Gli abbiamo detto che ci piacciono per come sono e che siamo innamorati del loro cuore. Che ci interessano i loro discorsi, che crediamo nel loro futuro e che abbiamo bisogno di loro. Gli abbiamo detto che anche noi abbiamo paura, che non siamo perfetti e che non vogliamo cambiarli. Gli abbiamo detto che a volte fanno rumore ma che quando c’è troppo silenzio siamo preoccupati. Gli abbiamo detto che ci mancano quando non sono a scuola. Gli abbiamo chiesto scusa per tutte le volte che non li abbiamo capiti, per quando abbiamo dimenticato di salutarli. Li abbiamo stimolati a cercarci, a scriverci e se necessario a rimproverarci perché nel rispetto tutto si può dire.Gli abbiamo sussurrato parole di vita, gli abbiamo raccontato che amare fa stare bene sempre.Gli abbiamo detto che ognuno di noi ha bisogno degli altri e che insieme possiamo cambiare il mondo. Abbiamo pianto insieme perché le nostre lacrime sono uguali alle loro. Siamo fatti tutti di acqua e di anima; abbiamo la stessa sostanza, abbiamo lo stesso dolore. Ci siamo detti che insieme possiamo rialzarci perché non accada mai più tanto strazio. Erano addolorati, tristi, spaventati ma gli abbiamo detto che non sono soli, che non abbiamo paura di parlare della morte.Gli abbiamo detto che la vita, seppur a volte è difficile, è un libro da leggere sino in fondo a voce alta e con orgoglio perché ogni vita è luce.Loro hanno risposto e ci hanno lasciato senza parole!”.