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Studente morto durante il Pcto, perché stava solo sui macchinari? Fassina (LeU): basta stage studenti di 16-18 anni non formati allo sbaraglio in azienda

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Il giorno dopo la morte dello studente mentre svolgeva il Pcto in un’azienda del Veneziano giungono miriadi di messaggi di cordoglio e richieste di maggiore sicurezza: politici, sindacalisti, addetti ai lavori, responsabili di associazioni e altri ancora, incentrano i loro interventi sull’assurdità di un morte del genere. Il primo a sostenere la sua inaccettabilità era stato, a caldo, anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.

Una striscia di incidenti

Il problema è che ci troviamo davanti ad una striscia di incidenti gravissimi, accaduti in pochi mesi, tutti durante degli stage studenteschi. A gennaio la sorte ha giocato contro il 18enne Lorenzo Parelli, travolto da una putrella all’interno di un’azienda meccanica della provincia di Udine che produce bilance stradali.

Venti giorni dopo, un altro ragazzo, Giuseppe Lenoci, di soli 16 anni, ha perso la vita nelle Marche: il giovane, di Monte Urano, nel Fermano, stava svolgendo un apprendistato come parte integrante di un corso professionale di termoidraulica e gli è stato fatale lo schianto contro un albero del furgone della ditta sui cui viaggiava per imparare la professione.

Non è solo una fatalità

Solo disgrazie? O c’è dell’altro? Queste morti si potevano evitare? Sicuramente, quello che non si comprende è per quale motivo il giovane veneto si trovata da solo in ambiente lavorativo altamente pericoloso, quale è un settore aziendale con macchinari, attrezzature e materiali gestibili solo da lavoratori esperti.

Le aziende perché espongono i giovani a tali pericoli? Non può bastare assistere ad un’attività lavorativa da debita distanza? Non dimentichiamo che a svolgere i Pcto sono i ragazzi degli ultimi tre anni delle scuole superiori, quindi tra i 16 e i 18 anni, quasi sempre senza esperienze lavorative pregresse.

Fassina: tutto è iniziato con la Buona Scuola di Renzi…

Tra le tante richieste di cambiamento spicca quella radicale di Stefano Fassina, deputato LeU, che in un post su Facebook se la prende con la “cosiddetta Buona scuola” (la cui approvazione provocò l’uscita dello stesso Fassina dal Pd ndr), “voluta per portare avanti le riforme di aziendalizzazione di quella che dovrebbe essere una comunità educante”.

“Come se non bastassero tre lavoratrici e lavoratori uccisi ogni giorno al lavoro, per attuare una visione mortificante della formazione, si mandano a morire anche ragazzi e ragazze di 16, 17, 18 anni”, lamenta ancora Fassina, da tempo contrario alla presenza degli studenti in azienda.

Secondo il deputato di LeU, che ha deciso di non candidarsi per le prossime elezioni politiche, quelli dei giovani in azienda “non sono incidenti: se mandi in un cantiere o in un’impresa manifatturiera, già pericolosa di suo, un ragazzo o una ragazza senza formazione per la sicurezza, spesso senza adeguati dispositivi protettivi, senza adeguata e costante sorveglianza di lavoratori esperti, è evidente dove arrivi”.

Fassina ricorda che “sono già tre gli studenti uccisi dalla Buona scuola dall’inizio del 2022: oltre a Giuliano, ieri, anche Lorenzo e Giuseppe nei mesi scorsi. La sciagurata norma sull’alternanza scuola-lavoro va cancellata. Subito. Appena si insediano le Camere dopo il 25 settembre”, conclude il deputato uscente di LeU.

Studenti subito in piazza

Anche gli studenti tornano ad alzare la voce. Un flash mob di un centinaio di studenti si è svolto al ministero dell’Istruzione, organizzato dalla Rete degli Studenti Medi: “c’è rabbia e frustrazione per chi aveva già sottolineato, nei mesi scorsi, le carenze strutturali del sistema dei Pcto (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) e del ‘Sistema Duale’ che regola il rapporto tra scuola e lavoro alle superiori”, dice la Rete degli Studenti Medi.

“Sull’onda emotiva e dopo le mobilitazioni ingenti di gennaio e febbraio – ha detto Tommaso Biancuzzi della Rete degli Studenti Medi – il ministro aveva annunciato di voler riformare i Pcto. Non c’è stato però nessun atto pratico da parte del Ministero: ci ritroviamo purtroppo di nuovo sotto al Ministero indossando dei caschi da lavoro in segno di protesta contro un sistema che ci sfrutta, ci rende precari e ci uccide”.

Le indagini sull’accaduto

Intanto, l’Ansa scrive che sarà trasmesso nelle prossime ore alla Procura di Venezia il rapporto stilato dai carabinieri di San Donà di Piave e dello Spisal sulla morte dello sfortunato diciottenne.

Inoltre, carabinieri e tecnici dello Spisal stanno svolgendo ulteriori accertamenti per fare un quadro di quanto accaduto e sentiranno i vari dipendenti che si trovavano nello stabilimento quando è avvenuta la tragedia. Nel frattempo l’area è stata messa sotto sequestro.

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