Attualità

Studente morto in stage. Ma i morti non sono tutti uguali

Riceviamo e pubblichiamo dallo studioso dei problemi formativi Antonino Petrolino

Lorenzo, 18 anni, morto in un incidente sul lavoro durante l’ultimo giorno di stage in azienda. E subito l’onda emotiva si trasforma in manifestazioni di piazza in tutta Italia, scontri con la polizia, polemiche feroci contro lo sfruttamento di manodopera giovanile a costo zero. Una rivendicazione su tutte: lo stop all’alternanza. Poco importa che si tratti di uno strumento di formazione molto efficace, praticato su larga scala, come in Germania, dove oltre uno studente su due segue il cosiddetto percorso duale. O come in Trentino, dove pure è correntemente praticato nella formazione professionale provinciale, con ottimi risultati.

Meno di due settimane: a perdere la vita è Giuseppe, il primo giorno in cui si recava in azienda per lo stage. Stavolta l’appuntamento fatale è arrivato lungo la strada, in un incidente come tanti. Ma non importa: la polemica si infiamma di nuovo solo contro l’alternanza e si torna a chiedere la sua soppressione o, forse, una sua “virtualizzazione”, sotto forma di smart working. Cioè, se veramente vi si arrivasse, l’ennesima presa in giro per i nostri giovani, verso cui i politici e i mezzi di comunicazione sono prodighi di promesse e lusinghe, salvo disinteressarsi di quel che succede loro “dopo” che saranno usciti da scuola senza nessuna idea di quel che da essi si attende il mondo reale.

La morte di un giovane è sempre insopportabile: ed è vero, soprattutto nello strazio dei parenti, inseguiti dalle telecamere per gridare il loro dolore e reclamare giustizia. Una sensibilità che, stranamente, non si manifesta verso altri morti, quelli che ogni sabato sera si schiantano sulle strade di ritorno dalle discoteche e dai pub, dove superalcolici e sostanze varie circolano liberamente, a dispetto di mille ordinanze. O quelli che finiscono la loro rincorsa alla felicità con un ago nel braccio o con un cocktail infernale in corpo. Chi si farà avanti a reclamare la chiusura dei pub e delle discoteche? Quali madri andremo a cercare per eccitarle a gridare il proprio dolore e ad esigere misure estreme?

La risposta la conosciamo tutti ed è amara. Al di là delle belle parole e dei buoni sentimenti, i morti non sono tutti uguali, soprattutto se giovani. Per una qualche forma di perversione dei sentimenti, difficile da spiegare razionalmente, sono ritenute accettabili – o almeno inevitabili – solo le morti per sballo, non le altre. Non si tratta di restare indifferenti alle morti sul lavoro, che ovviamente vanno combattute con ogni possibile energia, ma senza gettar via, insieme con la causa occasionale, il fine ultimo. Si tratta di avere la lucidità ed il buonsenso di comprendere che – se mai qualcosa potesse rendere accettabile la morte di un giovane – non è certo l’omaggio alla cultura della dissipazione e dell’eccesso.

Antonino Petrolino

Redazione

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