Non basta essere intelligenti per avere successo scolastico. Lo dimostra la storia di un ragazzo di 12 anni di Vicenza, con un quoziente intellettivo di oltre 130, che nonostante le sue doti è stato bocciato nella secondaria di primo grado. La sua intelligenza, infatti, non gli ha garantito buoni voti, e la scuola non ha saputo rispondere alle sue esigenze specifiche. Tuttavia, il Tar del Veneto ha annullato la bocciatura, riconoscendo il diritto del ragazzo a un percorso didattico personalizzato, creando così un precedente per gli studenti plusdotati in Italia.
La bocciatura e il ricorso al Tar
La bocciatura dello studente, arrivata a giugno, ha sconvolto sia lui che la sua famiglia. Da tempo il ragazzo non si sentiva a suo agio tra i banchi di scuola e questo ha compromesso il suo rendimento. “Nostro figlio era demoralizzato, si sentiva inadeguato,” racconta la madre a La Stampa. “Nonostante sapessimo che le sue capacità fossero superiori, la scuola non ha saputo valorizzarle. La bocciatura è stata una conseguenza ingiusta e non ha tenuto conto delle sue potenzialità”.
La famiglia ha quindi deciso di fare ricorso al Tar del Veneto, sostenendo che la scuola avrebbe dovuto predisporre un Piano Didattico Personalizzato (PDP) per il giovane, come previsto dalle direttive ministeriali per gli studenti plusdotati. Il Tar ha accolto il ricorso, stabilendo che l’istituto scolastico non ha rispettato le esigenze del ragazzo e che avrebbe dovuto implementare una metodologia di insegnamento su misura per lui.
Questa sentenza rappresenta un passo avanti significativo per il riconoscimento dei diritti degli studenti plusdotati, una categoria spesso trascurata nelle scuole italiane. Il Tar ha sottolineato l’obbligo delle scuole di offrire a questi alunni percorsi formativi personalizzati, adattati alle loro capacità e necessità, per permettere loro di esprimere al meglio il proprio potenziale.
Come riportato da Skuola.net, secondo le stime, il 6% degli studenti in Italia sarebbe plusdotato, ma attualmente non esiste una normativa chiara che disciplini il loro percorso scolastico. La decisione del Tar potrebbe aprire la strada a nuovi interventi legislativi e a una maggiore attenzione verso questi ragazzi, che spesso faticano ad adattarsi ai metodi di insegnamento standardizzati.