Di recente la Suprema Corte è stata chiamata a giudicare su svariati casi tra i quali la caduta di uno studente nel pavimento bagnato.
Una studentessa tredicenne che era scivolata sul pavimento bagnato degli spogliatoi della palestra della Scuola. I suoi genitori si erano rivolti al Miur, non ottenendo alcun risultato, dato che l´Amministrazione aveva dichiarato che la sorveglianza non avrebbe mai potuto essere posta in essere in modo continuativo, tenuto anche conto che l´episodio si era verificato nei locali adibiti ai servizi igienici.
Il ministero si era difeso riferendo che l’acqua sul pavimento non aveva origine da operazione di pulizia e facendo intendere che essa era presente per uno scorretto uso di rubinetti e lavandini, tuttavia restava provato che le condizioni del pavimento erano tali prima dell’ingresso dell’alunna caduta, tanto faceva dedurre che l’ingresso dell’alunna poteva e doveva essere evitato (da parte del personale scolastico; ad esempio ponendo il segnale bifacciale giallo di pericolo).
La domanda dei genitori della ragazzina infortunata era stata respinta sia dal Tribunale che dalla Corte d´Appello di Trieste, alla luce della assenza, a loro dire, di un “rapporto causale” tra la condotta del personale scolastico e l´infortunio.
La Cassazione ha invece ritenuto diversamente. La Corte ha ammonito che la scuola ha l’obbligo di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dei ragazzi nel tempo in cui essi fruiscono delle prestazioni, dovendosi comprendere anche la cura dell’idoneità dei luoghi. Il danneggiato ha solo l’onere di provare che l’evento cagionante si è verificato durante il momento scolastico, tanto a prescindere che sia invocata la responsabilità contrattuale (il cosiddetto “contatto sociale”) che quella extracontrattuale.
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