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Studentessa morta a diciotto anni dopo vaccino Covid, cinque medici verso il processo: “Poteva essere salvata”

Ci sono novità sul caso della studentessa diciottenne morta pochi mesi prima di sostenere l’esame di maturità, nel 2021, pochi giorni dopo essersi vaccinata contro il Covid-19. Come riporta La Repubblica, cinque medici del pronto soccorso ligure che l’hanno accolta rischiano il processo.

La ragazza, nove giorni dopo il vaccino, si è presentata in ospedale con un forte mal di testa. Seguire i protocolli, scrivono i sostituti procuratori nella richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di cinque persone all’epoca in servizio all’ospedale, “con elevata probabilità avrebbe consentito alla paziente di sopravvivere”.

Insomma, la giovane avrebbe potuto essere salvata. Il documento ricalca quanto contenuto nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari del marzo scorso, che aveva messo nero su bianco come la studentessa, il 10 giugno 2021, fosse morta a causa della “Vitt”, la rarissima trombosi cerebrale associata a livelli di piastrine basse e scatenata proprio dall’iniezione di preparati a base adenovirale.

L’accusa è di omicidio colposo

Quattro medici (due di turno al pronto soccorso, un neurologo e l’allora primario) sono accusati di omicidio colposo, tutti e cinque (c’è anche un medico a gettone) sono indagati per falso perché nelle cartelle non hanno mai scritto che la ragazza si era vaccinata contro il Covid. L’udienza di fronte al gip è fissata il prossimo 16 gennaio.

Per gli inquirenti, quindi, le responsabilità stanno soltanto qui, e non anche nel via libera generalizzato agli “open day” vaccinali, stabilito dall’allora costituito Comitato tecnico scientifico (Cts) anche per i giovani, aspetto che pure è stato per mesi al centro dell’indagine.

Le parole dei medici

Il 3 giugno la giovane si era presentata al nosocomio con cefalea e fotofobia. Era stata sottoposta a Tac cerebrale ed esame neurologico, entrambi negativi, ed era stata dimessa. Il 5 giugno il ritorno in pronto soccorso con deficit motori ed esami stavolta chiarissimi. Poi il trasferimento e l’inutile lotta dei medici per salvarle la vita. Il 10 giugno il decesso. Ma fin da subito erano emerse criticità: la prima Tac, ad esempio, era stata fatta senza liquido di contrasto, nonostante le linee guida dicessero il contrario.

I medici indagati, quando erano stati sentiti come semplici testimoni, avevano spiegato di non aver ricevuto le linee guida per trattare i sospetti casi di Vitt: “A noi disposizioni sui vaccini non sono mai giunte”; “non esisteva un percorso”; “solo dopo la vicenda si è scatenata la discussione”. Una tesi che non convince la Procura.

Redazione

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