Andare a scuola con una pistola revolver, un pugnale, piccoli ordigni artigianali e forse pure con qualche molotov: a raccontarlo, con orgoglio su Telegram, sono stati decine di ragazzi, otto dei quali, tutti minorenni, indagati dalla Polizia postale.
A scoprirlo, sono stati gli investigatori del Centro operativo per la Sicurezza cibernetica di Milano dopo diversi mesi di indagini, tra ottobre 2022 e febbraio 2023.
Assieme alla Digos, gli investigatori hanno eseguito otto perquisizioni in sette città italiane, sequestrando coltelli, tirapugni, oggetti e sostanze chimiche usate per costruire piccoli ordigni.
Ritrovamenti che sostanziano e rendono quantomeno credibili le affermazioni fatte da alcuni di loro sul web, cioè di avere portato a scuola armi, vere o giocattolo.
Le testimonianze nelle chat sono sconvolgenti: “Io avevo una Glock però poi ci sono andato a scuola perché lo avevo visto in un film americano […] io sono andato con un multitool con coltello, rischiato molto di andare al minorile […] Io portavo quello a scatto nel giubbino”.
C’è anche chi chiedeva consigli per confezionare oggetti molto pericolosi: “Avete mai fatto una molotov? io si […] martedì provo a fare del napalm […] Qualcuno ha un video Tutorial per un detonatore? “.
“Gli internauti – si legge in una nota – nelle chat affermavano di andare in giro con coltelli e a volte persino con pistole a salve e pubblicavano foto e video che mostravano armi da taglio, da sparo e da softair, esposte in posa o durante l’effettivo utilizzo. Nelle loro discussioni su Telegram richiedevano informazioni e consigli su come confezionare molotov, esplosivi e detonatori, pubblicando anche foto degli ordigni realizzati”.
Secondo Tiziana Liguori, dirigente della Polizia postale e delle telecomunicazioni della Lombardia, non vi sono “elementi per dire se abbiano o meno portato in classe alcuni di questi oggetti pericolosi, ma di certo aver trovato riscontro nelle perquisizioni lo rende per lo meno possibile”.
Sempre l’Ansa scrive che “il fenomeno dei siti e più di recente delle chat in cui giovani e giovanissimi parlano di come fare ‘trap’ (piccoli ordigni artigianali) o anche delle molotov, è noto da anni, ed è andato aumentando con l’avvento delle ‘repliche’ (pistole con le stesse misure, pesi e materiali di quelle vere ma non funzionanti) e con le armi da softair, di libera vendita, spesso esibite come trofei in foto e video”.
Più di qualcuno ha associato il fenomeno dell’incremento dell’uso delle armi tra i giovani con quanto accaduto lo scorso 29 maggio in un istituto di Abbiategrasso, vicino Milano, dove uno studente ha accoltellato la sua professoressa di Storia con un pugnale (ferendola in modo grave, tanto da costringerla a ore di intervento chirurgico) e poi estratto una pistola giocattolo.
Ma qual è il ruolo delle famiglie dei tanti giovani che passano il tempo con le armi, tanto da portarle a scuola? Psicologi e sociologici ci dicono che la loro incidenza sull’agire dei figli è minima, se non del tutto assente. E in non pochi casi latita anche la presenza, considerando l’alto numero di famiglie separate, disgregate e in qualche modo “spaccate”.
Sempre nel caso dell’accoltellamento delle prof ad Abbiategrasso è esemplare quello che è accaduto alcuni giorni fa: si è arrivati al paradosso che la famiglia, attraverso il legale, ha contestato l’esclusione del ragazzo artefice del gesto dallo scrutinio di fine anno. ’avvocato di famiglia ha anche tentato di depotenziare l’accaduto e confermato la volontà di presentare ricorso al Tar, perché il ragazzo aveva “voti brillanti” ed in definitiva è risultato solo un po’ vivace.
Commentare questa decisione, mentre l’insegnante accoltellata si dice dispiaciuta per come si stia minimizzando il suo dolore fisico e psicologico, sarebbe troppo facile. Allora, ognuno usi le sue parole: il giudizio finale sui motivi che portano certi giovani a recarsi a scuola con pistola e pugnale, privi di valori e di obiettivi veri da raggiungere, sarà però probabilmente sempre lo stesso.
In questo quadro, stando così le cose, sembrerebbe più che giustificata l’intenzione del ministero dell’Istruzione e del Merito di procedere verso una “stretta” che coinvolga la valutazione degli studenti, con le sospensioni da svolgere in chiave di aiuto del prossimo o di servizio di tipo civile, oltre che la maggiore incidenza nella carriera scolastica dei voti bassi in condotto, anche ai fini dei crediti che incidono nel voto della maturità.
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