La preoccupante tendenza dei rifiuti, in sede d’iscrizione, operata da numerosi istituti educativi comprensivi australiani, dislocati sia presso realtà rurali che urbane, sta preoccupando enormemente gli Enti Locali, alle prese con una crisi sociale derivante dalla frizione tra famiglie e scuole, e le autorità centrali, tra cui il Senato, disposto ad aggiornarsi e pronunciarsi circa il caso entro la prossima settimana, quasi alle porte dell’anno nuovo. Le maggiori giustificazioni avanzate dai sindacati di settore, alla difesa delle istituzioni scolastiche, sono intrise di puro darwinismo sociale: i ragazzi con disabilità rallentano la produttività scolastica del sistema nel suo complesso senza favorirne inclusione alcuna, costituiscono un costo per un settore già alle prese con rincari e portafogli per istituto spesso insufficienti. La polemica con le famiglie è dovuta all’impossibilità dei genitori che, dovendosi occupare dei ragazzi con disabilitò, non hanno possibilità di svolgere alcuna attività professionale, senza contribuire dunque al mantenimento del nucleo familiare.
Le associazioni attaccano la scuola: “dai docenti maggiore preparazione per sfide complesse”
Alcuni genitori sono stati costretti a lasciare il lavoro o a ridurre la loro disponibilità per prendersi cura dei bambini che non possono recarsi a lezione, secondo un’inchiesta del Senato sulla preoccupante tendenza al rifiuto operato, seppur non in contrasto all’attuale normativa vigente, da parte di numerosi istituti in tutto il paese. Le organizzazioni per la salute mentale Beyond Blue e Black Dog Institute hanno condiviso la loro preoccupazione ed i rispettivi dati su come gli studenti stanno affrontando il ritorno in classe dopo la chiusura forzata delle scuole da COVID-19 e il passaggio all’apprendimento a distanza; a loro avviso si sono moltiplicati i casi di studenti e studentesse affetti da ansia, depressione ed altri disturbi.
“Le sfide per la salute mentale nei bambini e nei giovani sono state esacerbate dalla pandemia di Covid-19 e dai recenti disastri naturali”, ha sostenuto Beyond Blue in una pubblicazione dedicata. La commissione per l’istruzione del Senato federale a ottobre ha annunciato che avrebbe intrapreso un’indagine sulla tendenza emergente del “school refusal” – un fenomeno che secondo gli esperti è legato all’angoscia o all’ansia da separazione, e in aumento dalla pandemia. Il problema è stato identificato dalle organizzazioni per la salute mentale e dai sostenitori dell’istruzione come una profonda riluttanza a frequentare le lezioni, e distinto dall’andare a scuola o dall’assenteismo, come risulta affrontato dettagliatamente nel rapporto di Guardian Australia sul fenomeno. Megan O’Connell, borsista e ricercatore senior onorario presso la Melbourne Graduate School of Education, il mese scorso ha dichiarato ai quotidiani locali che i dati disponibili “indicano quasi 100.000 bambini che non frequentano l’istruzione e molti altri solo marginalmente attaccati e che non frequentano regolarmente” anche a causa del rifiuto operato dalle scuole locali.
Il caso italiano: molti alunni con disabilità, pochi docenti specializzati al seguito
Secondo i rilevamenti ISTAT pubblicati in data 2 dicembre gli studenti italiani affetti da disabilità ammontano a 316.000, pari al 3,8 % del totale degli iscritti secondo i dati del Ministero dell’Istruzione. Attualmente tale dato è schizzato al 5 %, con +15.000 studenti in più rispetto allo scorso anno scolastico. Per la DAD e relativa inclusività, in evo pandemico, le esclusioni a danno degli studenti con disabilità sono state del 23 %. per l’anno scolastico 2019-2020. Alcuni di loro, l’86 %, hanno partecipato in presenza, socialmente penalizzati mentre i compagni di classe seguivano a distanza.
Gli insegnanti di sostegno, secondo dati MI per l’anno scolastico 2020-2021, ammontano a 200.000 unità, con un tasso di 1,5 alunni con disabilità per studente. Il ritardo nell’assegnazione dei docenti rispetto all’avvio delle lezioni penalizza in relativo inserimento, con conseguenti ritardi nell’apprendimento. La formazione specifica per i docenti di sostegno, spesso specializzati in altre discipline, è spesso non compatibile con i BES in aumento.