In un’età più moderna, avanzata ed attrezzata è cresciuta, fortunatamente, la sensibilità ai temi legati alle disabilità, al supporto fattivo e concreto delle persone affette e alle retoriche – da trasformarsi necessariamente in materiali – di integrazione definitiva delle persone diversamente abili nel mondo del lavoro, della scuola e del tempo libero.
Il Ministero dell’Istruzione italiano, attraverso le riforme – o mere indicazioni – Berlinguer, De Mauro, Moratti e Profumo emesse a cavallo tra vecchio e nuovo millennio hanno sollevato pubblicamente la questione del supporto agli alunni con DSA e facilitazione degli imput didattici. Altro tema sempre connesso con quelli attualmente esposti è l’integrazione, attraverso i docenti di sostegno, di tali studenti nel percorso didattico e formativo globale. In assenza di questa fondamentale operazione, come fanno presente delle ricerche prodotte dal Kings College londinese, si rischia di far peggiorare drammaticamente la salute psicofisica di tali studenti, già svantaggiati.
I recenti studi su autismo, ADHD ed integrazione didattica: fenomeni di autolesionismo più frequenti per chi non va a scuola
La ricerca condotta dal King’s College London e South London e dal Maudsley NHS Foundation Trust ha analizzato i fattori associati all’autolesionismo in oltre 111.000 adolescenti di età compresa tra 11 e 17 anni nel Regno Unito. Pubblicato su BMC Medicine, lo studio ha rilevato che il rischio di autolesionismo presentandosi al pronto soccorso ospedaliero era quasi tre volte superiore per i ragazzi con disturbo dello spettro autistico (ASD) rispetto ai ragazzi senza ASD.
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) era un forte predittore di autolesionismo sia per i ragazzi che per le ragazze con un rischio circa quattro volte maggiore di autolesionismo tra quelli con ADHD. L’assenza da scuola può essere associata direttamente a un aumento del rischio di autolesionismo: per quei giovani con meno dell’80 per cento di frequenza il rischio di ferirsi era tre volte maggiore.
Lo studio ha anche rilevato che gli adolescenti che avevano frequentato i servizi di salute mentale per l’ADHD erano a quattro volte il rischio di autolesionismo rispetto a quelli che non avevano frequentato i servizi offerti di supporto per l’ADHD. Anche l’esclusione e l’assenza dalla scuola sono state identificate come fattori di rischio.
La situazione in Italia: dati e forme di supporto
Le recenti riforme hanno garantito un numero di docenti di sostegno per classe in modo tale da ovviare problematiche di integrazione didattica e sostenere attivamente i ragazzi nelle procedure d’apprendimento. Resta carente la formazione propria del supporto agli studenti con DSA propria di tale figure professionali, ritrovatesi a svolgere servizio di sostegno per acquisire un punteggio più elevato in sede concorsuale per il reclutamento docenti. Ricorda il Censis che “il numero di alunni disabili nella scuola statale è cresciuto dai 202.314 dell’anno scolastico 2012/2013 ai 209.814 del 2013/2014 (+3,7%). Contemporaneamente è aumentato il numero dei docenti di sostegno: dai 101.301 del 2012/2013 ai 110.216 del 2013/2014 (+8,8%)”.
“I bambini Down in età prescolare – riferisce l’indagine del Censis – che frequentano il nido o la scuola dell’infanzia sono l’82,1%, tra i 7 e i 14 anni l’inclusione scolastica raggiunge il 97,4%, ma già tra i 15 e i 24 anni la percentuale scende a poco meno della metà, anche se l’11,2% prosegue il percorso formativo a livello professionale. Tra i ragazzi affetti da disturbi dello spettro autistico, fino a 19 anni è il 93,4% a frequentare la scuola, ma il dato scende al 67,1% tra i 14 e i 20 anni, e arriva al 6,7% tra chi ha più di 20 anni”.
Per tali dati risulta necessario favorire una didattica sempre più inclusiva con il fine di evitare fastidiose ed insulse esclusioni dei ragazzi DSA dai percorsi globali di apprendimento.