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Studenti e disagio, il dottor Pellai: “La scuola sia ricettiva verso la loro fatica. Non occorre iper proteggerli né iper sfidarli”

Il medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e ricercatore presso il Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università degli Studi di Milano Alberto Pellai ha rilasciato un’intervista a La Repubblica in cui ha parlato della fragilità e del disagio dei ragazzi della generazione Z e del ruolo della scuola.

“La scuola superiore è l’ultimo livello del videogioco nella palestra della vita. Ma i ragazzi non sono più allenati. Se i loro tempi di gara non sono all’altezza della performance richiesta mollano. Invece serve tranquillità, impegno, uno sguardo al percorso più che al riconoscimento immediato. Per arrivare tutti al traguardo”, ha esordito, spiegando che i giovani di oggi non sono abituati ad impegnarsi duramente per raggiungere un traguardo e che al primo ostacolo si sentono male al pensiero di non essere all’altezza della situazione.

“Se lo chiede ai ragazzi, hanno la percezione che il mondo adulto gli stia chiedendo moltissimo. Se si domanda agli adulti, dicono che i ragazzi sono più fragili davanti alle loro richieste. Davanti a performance che non gratificano, al mancato riconoscimento immediato della fatica ci si ritira, si abbandona. E attorno forse manca la capacità di instaurare una relazione educativa che sostiene anche nell’insuccesso”, ha aggiunto, completando la sua analisi.

Come la scuola può aiutare i ragazzi?

Ma qual è il ruolo della scuola in tutto ciò? “La scuola deve chiedersi sia cosa accade quest’anno agli studenti sia cosa accade alla scuola stessa. Chiedersi se ha un approccio sadico o sano nei confronti dei ragazzi. Se aiuta gli studenti davanti all’errore o li mortifica. Se è in grado di riorientarli o li lascia evaporare senza sapere che fine fanno. L’intera comunità scolastica deve essere più ricettiva verso la fatica dei ragazzi”.

E cosa potrebbero fare gli adulti per aiutare i ragazzi nel complesso percorso della crescita? “Né iperproteggere né ipersfidare i ragazzi. E creare un’alleanza con la scuola: oggi assistiamo purtroppo a famiglie che davanti a un profitto scolastico più carente aprono scontri profondi con la scuola. Anche mia figlia è entrata in primo liceo e ha collezionato una serie di 4 mai vista nel suo curriculum né in quello dei suoi fratelli. Ci siamo guardati, interrogati su come fosse possibile e immaginato un percorso graduale per portare quel 4 al 6. Siamo davanti a studenti che sono stati, per fortuna metaforicamente, intubati: li metti in piedi e cascano. Ma la riabilitazione si può fare, insieme”, ha concluso il dottor Pellai, con una vena ottimistica.

Questa tematica riguarda da vicino il dibattito sui voti a scuola: c’è chi dice che non si dovrebbero penalizzare i ragazzi con voti troppo bassi per evitare di abbassare la loro autostima, in un momento storico, post pandemia, in cui questi sono più fragili che mai. Dall’altro lato c’è chi invece pensa che i fallimenti temprino il carattere, che senza di essi non ci si abitua ad affrontare eventuali ostacoli nel corso della vita adulta.

Blanco e la fragilità dei ragazzi della Gen Z

Il dibattito sulla fragilità della Generazione Z si è infiammato anche dopo il gesto del cantante ventenne Blanco, che Sanremo, lo scorso febbraio, ha distrutto la scenografia del palco dell’Ariston composta da rose in seguito ad un problema tecnico che gli ha impedito di proseguire la sua performance canora.

Sul tema è intervenuto lo psichiatra Paolo Crepet: “Viviamo violenze quotidiane nelle piazze e nelle scuole, tra chi spara pallini di gomma a un’insegnante e chi organizza risse mortali, fra chi porta alcolici tra i banchi e chi spruzza spray al peperoncino, tra chi insulta e chi minaccia i professori”.

Crepet non ha generalizzato, ma ha sottolineato la problematicità di questi frequenti fenomeni: “Non tutti i giovani sono così, ovviamente, ma sono tanti, troppi e di quella scena di calci e distruzione in diretta televisiva durante la più importante festa nazionale proprio loro non ne avevano bisogno. Anche perché in tante famiglie quella violenza è quotidianità: se passa l’idea che ‘si può perché l’hanno fatto anche a Sanremo’ si rischia di seminare grandine”, ha concluso, parlando del rischio di emulazione.

Leggendo i vari commenti arrivati al nostro profilo Instagram, i docenti si sono mostrati alquanto compatti contro Blanco: “Con questi esempi il nostro lavoro diventa sempre più difficile”, “L’episodio doveva essere criticato in diretta, non è educativo per i ragazzi”, “Vergognoso anche solo mostrarlo”, “Me lo immagino a scuola questo incivile”, questi sono solo alcuni dei messaggi di critica che ci sono giunti.

Il corso

Su questi argomenti il corso Life skills: competenze non cognitive scuola, in programma dal 3 aprile, a cura di Anna Maria Di Falco.

Il corso di formazione si propone di implementare le competenze professionali dei docenti in un campo ancora poco esplorato, di supportare i docenti nella gestione di classi o di alunni “difficili”, di sostenere i docenti nella gestione dei bisogni più comuni e frequenti degli alunni e di suggerire proposte per promuovere un rapporto sempre positivo e propositivo con i genitori.

Redazione

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