In Italia si continua discutere sui divieti imposti agli studenti, da parte di diversi istituti, nel presentarsi a scuola con scollature, in bermuda, jeans strappati e a volte con soli pantaloncini e ciabatte infradito: da una parte ci sono i dirigenti scolastici, che fanno pressioni sugli organi collegiali delle scuole da cui derivano i regolamenti d’istituto, per proibire tali pratiche; dall’altra, invece, diversi studenti, che intendono il divieto come una limitazione del loro diritto a scegliere l’abbigliamento più consono e parlano di ‘retorica del decoro’.
Le regole sull‘abbigliamento decoroso, comunque, vigono anche in altri Paesi, soprattutto in Europa. Dall’altra parte del mondo, però, le cose non vanno sempre così: qualche istituto, addirittura, decide non solo per la tolleranza, ma va addirittura controcorrente.
Nelle scuole pubbliche di Alameda, una cittadina non lontana da San Francisco, ad esempio, le commissioni che si occupano delle regole scolastiche si sono trovate d’accordo nel di dare il via libera alle minigonne ‘inguinali’, alla pancia scoperta, ai jeans strappati e persino al pigiama.
Si tratta, scrive l’agenzia nazionale Ansa, di “un dress code a dir poco ‘rilassato’ e libero contro il sessismo”.
In pratica, nell’epoca “#metoo, questa politica estremamente permissiva vuole andare contro quelle regole che prendono di mira soprattutto le ragazze, le cui mise a volte vengono considerate ‘distracting’, ossia che distraggono”.
La nuova politica non è stata accolta favorevolmente da tutti. Secondo alcuni docenti, anche se in modo non intenzionale, questo modo di vestirsi, seppure tra i giovani, può portare facilmente a dei fraintendimenti.
Uno studente al primo anno della Alameda High School e tra i membri della commissione che ha portato il cambiamento delle regole sull’abbigliamento, ha però espresso un concetto diverso: “Se qualcuno indossa una maglietta corta e le si vede lo stomaco non è colpa sua se distrae altre persone”. Una spiegazione che lascia, francamente, più di qualche dubbio.
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