Il 30 novembre ci sarà uno sciopero proclamato dal sindacato USB PI Scuola.
A protestare non saranno soltanto i docenti, ma anche gli studenti.
La campagna denominata “BastAlternanza” è stata indetta per dire basta all’aziendalizzazione della scuola.
BastAlternanza nasce da un’assemblea partecipatissima di studenti romani, toscani, marchigiani, bolognesi e torinesi con lo scopo di dare vita a una campagna nazionale per l’abolizione integrale della Buona Scuola e dell’Alternanza scuola-lavoro.
“Venerdì saremo in piazza davanti al MIUR per chiedere al nuovo governo di rispettare gli impegni presi in campagna elettorale, cioè di smantellare la Buona Scuola. Saremo in piazza con i lavoratori in sciopero del mondo della scuola e con le associazioni che hanno aderito alla mobilitazione”, affermano in una nota gli studenti.
Ecco il testo del comunicato stampa integrale:
La data del 30 Novembre non nasce dal nulla: quando la Campagna BastAlternanza è nata circa un anno fa, in un’assemblea rappresentativa di poche città italiane, riuscendo poi ad allargarsi a tanti altri territori e a rafforzarsi, avevamo in mente che saremmo giunti a lanciare un’appuntamento nazionale come quello di venerdì prossimo. Non è per noi un punto di arrivo né ci riteniamo maghi o profeti.
Più semplicemente abbiamo cominciato a riconoscere come la scuola pubblica, da qualche decennio a questa parte, ha completamente smarrito la sua funzione primaria, ossia l’universalità della formazione e della trasmissione della cultura, il poter permettere a tutti di fruire di un’istruzione di qualità, indipendentemente dalla provenienza geografica o dalla condizione sociale. I principi di uguaglianza hanno ad un certo punto lasciato il posto alle logiche di mercato, ad un modello di scuola neoliberista figlio dei diktat europei che da Maastricht in poi si pongono l’obiettivo di piegare la scuola agli interessi del mercato.
La Buona Scuola renziana si inseriva esattamente nel solco di queste necessità: educarci alla competitività, all’autoimprenditorialità, ad una scuola delle competenze e non delle conoscenze al fine di renderci futuri lavoratori funzionali alle richieste del mercato del lavoro.
Da dodici città italiane, qualche mese fa, ci siamo sentiti pronti a chiamare una mobilitazione nazionale, che esca dai soliti rituali autunnali e sappia essere politica, di rottura, che porti in piazza il tentativo di invertire la rotta, con temi chiari e rivendicativi.
- Vogliamo una scuola democratica ed inclusiva, che rifiuti percorsi formativi permeati di competitività.
- Vogliamo una scuola di qualità che renda effettivo il diritto allo studio per tutti, indipendentemente dalla regione in cui si vive.
La polarizzazione sempre maggiore fra scuole di serie A e scuole di serie B, fra Nord e Sud del paese, fra Centro e Periferia di una stessa città è un fenomeno che sta andando ad aumentare a dismisura, fino al progetto di potenziamento dell’autonomia scolastica regionale chiesto da Bussetti, che non incrementerà che le disuguaglianze fra poli d’eccellenza e scuole parcheggio.
- Vogliamo l’abolizione dell’Alternanza Scuola-Lavoro e della legge 107/15.
La Buona Scuola ha definitivamente piegato l’istruzione pubblica alle logiche di mercato, rendendo gli studenti un esercito di mano d’opera gratuita che va ad accrescere il profitto delle grandi aziende, aumentando così anche la ricattabilità dei tanti lavoratori precari ed aumentando la disoccupazione.
L’Alternanza Scuola-Lavoro è sfruttamento, perché ha alla base un meccanismo ideologico che ci vuole abituati al lavoro gratuito, al precariato e alla flessibilità.
Nei confronti di un sistema che ha alla base lo sfruttamento non si risponde applicando migliorie, si risponde ribadendo che l’unica soluzione è l’abolizione totale.
Così come non esiste uno sfruttamento “buono” non esiste un’alternanza “buona”.
- Vogliamo la re-internalizzazione delle attività di alternanza nelle scuole e il potenziamento delle attività di laboratorio all’interno dei nostri istituti
- Vogliamo l’abolizione delle prove Invalsi perché standardizzano lo studente e lo pongono davanti a una condizione di brutale competizione, aumentando il divario tra scuole di serie A e scuole di serie B, sempre più penalizzate, in un meccanismo a ciclo continuo che premia solo l’eccellenza lasciando indietro tutto il resto.
- Vogliamo l’abolizione del decreto Scuole Sicure.
Lo abbiamo detto e lo ripetiamo, per noi le uniche “Scuole Sicure” sono quelle che non ci crollano in testa!
Si parla di 2,5 milioni stanziati per questo decreto, mentre all’istruzione pubblica ne sono stati tagliati, come annuncia il decreto fiscale, 14 MILIONI.
- Vogliamo l’aumento dei fondi stanziati per l’Edilizia Scolastica
Non servono altri milioni spesi in repressione e sorveglianza bensì un investimento massiccio e ragionato che porti ad un piano nazionale di ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici.
In Italia di 5.725 edifici scolastici il 46,8% necessita di interventi urgenti di manutenzione.
Però a quanto pare per il governo le scuole non si rendono “Sicure” a partire da questi dati, ma solo tramite la repressione e il controllo sociale.
Come studenti, siamo consapevoli che tutto questo non riguarda solamente noi, e non può rigurardare solamente il corpo studentesco.
Le politiche di devastazione che hanno piegato la scuola pubblica negli ultimi anni toccano anche i docenti e i lavoratori del mondo della scuola, sempre più precari, sempre più ricattabili, di fronte al mutare del proprio ruolo di educatori in virtù di logiche aziendalistiche.
Per questo la mobilitazione del 30 novembre è stata costruita coinvolgendo i lavoratori del mondo della scuola, perché sappia così essere un momento di ricomposizione, un momento collettivo di rivendicazione.
In piazza con noi ci sarà l’Unione Sindacale di Base, che ha proclamato lo sciopero del settore dell’istruzione.
Ci saranno i lavoratori del Comitato Idonei secondaria Concorso Docenti 2016 e dell’Associazione Nazionale Docenti per i Diritti dei Lavoratori.
Ci saranno realtà politiche, come Potere al Popolo, che come noi hanno a cuore una scuola pubblica, democratica, di qualità, non attanagliata, invece, da competizione e logiche di mercato.
Ci sembra però doveroso concludere rivolgendo nuovamente un appello a tutti i lavoratori del mondo della scuola che ancora non hanno deciso di scendere in piazza con noi il 30, indipendentemente dalla loro appartenenza sindacale. Ribadiamo che è un’occasione per uno sforzo collettivo che sappia vertere verso l’unica data nazionale unitaria sulla scuola, e far convergere le forze in un momento in cui viene fatto di tutto per reprimere e azzerare il dissenso nei confronti della devastazione fatta in questi anni.