Gli apprendimenti e le competenze degli studenti italiani sono in media nettamente più bassi di quelli dei giovani tedeschi, francesi e inglesi. A rimarcarlo, domenica 27 marzo, è stato il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel corso di una lezione su economia e diseguaglianze ad un convegno de Il Mulino.
Secondo Visco, “il Pnrr deve rappresentare l’opportunità per l’Italia di colmare finalmente quel gap formativo e di produttività che da troppo tempo l’affligge”.
Quindi, ha proseguito, “occorre puntare sulla scuola, dove gli indicatori di apprendimento e di titoli (di studio ndr) conseguiti dei nostri studenti ci vede nettamente arretrati rispetto ai partner più industrializzati”.
Poi, ha continuato il Governatore della Banca d’Italia, bisogna anche “intervenire sugli investimenti nel mondo del lavoro e nell’università per superare il ristagno della crescita”.
Secondo Visco è innegabile che “le riforme del lavoro negli ultimi anni” abbiano “riportato in alto l’indice di occupazione, ma spesso si è trattato di lavori precari, di occupazioni in cui spesso i giovani meno pagati sostituiscono i più anziani e le donne hanno difficoltà di accedere a ruoli importanti”.
Tutto questo, ha concluso il numero uno delle Banca d’Italia, ha prodotto “uno sbilanciamento verso piccole e medie imprese non sempre capaci di poter competere con i cambiamenti”.
In effetti, il gap rispetto agli studenti degli altri Paesi industrializzati è evidente. La distanza, tra l’altro, con il Covid è anche aumentata.
In base all’ultimo Rapporto Nazionale Invalsi, il primo dopo il Covid, risulta che se la scuola primaria ha tenuto, la media ha fatto registrare un calo di apprendimenti e nelle superiori si è realizzato quasi un tracollo: nella secondaria di secondo grado, nell’ultimo anno la lista di studenti che non raggiungono la sufficienza nelle conoscenze e competenze in Italiano sale dal 35% al 44%. E in Matematica l’arretramento è addirittura di dieci punti, arrivando al 51%.
Inoltre, sempre la pandemia sembra avere accentuato anche il problema della dispersione, in età scolastica, soprattutto nelle sue componenti più difficili da individuare e quantificare.
C’è poi una fetta di studenti che, pur non essendo dispersi in senso formale, hanno conseguito la maturità senza avere fatto proprie le competenze di base. In pratica, ogni anno perdiamo la metà degli studenti di Ferrara: circa 45 mila giovani escono dalla scuola con competenze inadeguate.
Insomma, gli investimenti per combattere la dispersione scolastica e migliorare l’orientamento, oltre che per ridurre il numero di alunni per classe, appaiono sempre più necessari
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