Il sociologo Zygmunt Bauman aveva coniato il termine di “società liquida” non immaginando che nella scuola di oggi vi sarebbero stati gli studenti “liquefatti”, cioè coloro i quali non conoscono affatto la strada del sacrificio, dell’impegno, dello studio serio e responsabile, ma soltanto la strada della futilità, del vuoto, dell’inconsistenza o, per dirla meglio, dell’insostenibile leggerezza dell’essere.
Un tempo esisteva l’impegno, il dovere, il sacrificio, invece, oggi questi assiomi sono del tutto scomparsi. Gli studenti non li amano più, ma soprattutto non li capiscono più questi concetti, abituati, come sono, a non conoscere la fatica, bensì ad avere tutto e subito cercando disperatamente la via più facile per arrivare al successo. Ė la strada del “facile successo” l’indicatore di una società senza schemi, senza regole, senza diritti, senza doveri, società in cui le conquiste non si assaporano più, ma si pretendono a tutti i costi.
Gli studenti della “società liquida” sono spalleggiati da quei genitori che vogliono farli credere a tutti i costi che sono dei geni “incompresi”, quando, invece, si portano dietro una preparazione lacunosa, che col passare del tempo, determinerà una sorta di “mostro” che si muove da solo nel mondo. Ecco perché bisogna abituare i ragazzi ad avere consapevolezza dei propri limiti e delle proprie reali capacità. La società del “tutto facile” senza ostacoli da superare produce degli automi che non sapranno confrontarsi con la vita reale, avendo sempre avuto la strada spianata. Superare le difficoltà, essere consapevoli dei propri limiti significa avere coscienza e stima di se stessi e, di converso, degli altri.
Imparare a scontrarsi con la realtà pone i nostri studenti nella condizione di maturare, di crescere, di diventare protagonisti di se stessi, altrimenti avremo in futuro solo persone futili, leggeri, inconsistenti, incapaci di capire il mondo che li circonda.
La società ipertecnologica è la diretta responsabile di quella “liquida” che ha reso i giovani schiavi degli smartphone, drogati di videogiochi che non fanno altro che obnubilare la mente, invece, di aprire gli orizzonti della conoscenza. Siamo, quindi, di fronte a studenti “liquefatti”, mollicci, privi di stimoli che la scuola con una tecnologia imperante e predominante non è più in grado di offrire, perché il docente che, un tempo era trasmettitore di nozioni, si è trasformato il facilitatore, o meglio di una persona che deve sempre spianare la strada agli alunni, senza minimamente metterli in difficoltà, ma solo a proprio agio.
Mario Bocola