Una brutta notizia per gli studenti che aspirano a diventare ricercatori: nemmeno la riforma Gelmini è riuscita a debellare il fenomeno tutto italiano del lavoro (anche vere e proprie docenze universitarie) svolto per anni gratuitamente presso gli atenei. A confermarlo è stata una mozione delle Conferenza dei rettori, nella quale prima si sostiene la necessità di dare il giusto peso al “ruolo insostituibile dei ricercatori ai fini della didattica universitaria”, chiedendo quindi “con fermezza” la promozione “nei ruoli di professore associato nell’ambito della nuova Legge Gelmini” per tutti i ricercatori idonei. Ma poi, un po’ a sorpresa, i rettori chiedono anche al ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca di “non ledere l’autonomia di scelta delle singole sedi (universitarie ndr), sia nel caso si voglia esperire la via dell’affidamento gratuito previo consenso del ricercatore interessato sia nel caso si intenda fissare una modalità di compenso nei limiti delle rispettive disponibilità di bilancio degli Atenei”.
La mozione ha mandato su tutte le furie i diretti interessati, buona parte dei quali rappresentanti dal Cnru, il “Coordinamento nazionale dei ricercatori universitari”, per il quale se viene valutato “positivamente” il fatto “che nella mozione della Crui rimarchi la rapida assegnazione da parte del Miur delle risorse promesse in fase di approvazione della legge 240 (art. 29, c. 9) per le chiamate dei ricercatori a tempo indeterminato abilitati“, si reputa nel contempo “del tutto inaccettabile che tale riconoscimento sia associato alla richiesta di garanzia di poter utilizzare questo insostituibile e qualificato personale affidandogli didattica a titolo gratuito o senza un riconoscimento economico adeguato“.
Su questo punto i ricercatori hanno presentato da diversi mesi al presidente della Crui e ad ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca una proposta condivisa dal Cnru, oltre che da organizzazioni e sindacati autonomi dell’Università: “dopo una iniziale disponibilità, coincisa con le proteste degli universitari e con l’approvazione definitiva della legge 240 – concludono i ricercatori – abbiamo dovuto constatare che il ministro non si è reso disponibile a mantenere aperto il dialogo la discussione, né la Crui si è espressa positivamente su tale proposta, né ha fatto proposte concrete e veramente risolutive del merito della questione“.
Nemmeno la riforma Gelmini sembra risolvere il problema: i ricercatori ricordano che in base alla legge 240 verranno infatti a titolo definitivo solo “un esiguo numero di ricercatori abilitati“. Per molti altri, la maggior parte, non cambierà nulla: continueranno a lavorare con scarsissime certezze per il futuro. E pochissimi soldi per il presente.