La mobilità dei nostri studenti rimane davvero limitata: la maggior parte rimane ancorata all’offerta formativa locale. Il tema è stato affrontato nel corso dell’inaugurazione il 27esimo anno accademico della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa: il rettore, Pierdomenico Perata, ha ricordato che nell’ateneo toscano sono “molto attenti alla mobilità sociale e al merito e per questo abbiamo attivato un progetto con il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca che al momento coinvolge cinque regioni, 27 scuole secondarie, 270 studenti e 54 allievi della Scuola sant’Anna”. Questi ultimi “saranno tutor per accompagnare i giovani nel loro iter formativo e per aiutarli a scegliere la facoltà universitaria più adatta alle loro caratteristiche”.
La tendenza a cambiare regione, soprattutto dopo aver terminato gli studi, rimane una prerogativa dei giovani del Sud. Che tuttavia spesso si spostano più per necessità pratica (mancanza di alternative) che per una precisa scelta formativa.
Sempre la Scuola superiore Sant’Anna di Pisa (la prima università in Italia per rapporto di brevetti e numero di professori/ricercatori) rappresenta, in questo senso, una felice eccezione: oltre il 74% degli allievi della Scuola proviene, infatti, da altre regioni. Contro la media nazionale delle altre università del 20,7%. E il 30% degli allievi dottorandi arriva dall’estero. Mentre la media nazionale di allievi dottorandi stranieri nelle università italiane non supera il 10%. Anche per i giovani d’oltre frontiera, evidentemente, i nostri atenei si mostrano poco appetibili e stimolanti. È evidente che per cambiare registro, per rendere più attiva la mobilità studentesca, occorre un progetto nazionale con il Miur a fare da “cabina di regia”.