Si parla ciclicamente di alunni che lasciano la scuola troppo presto, della cosiddetta dispersione scolastica: un fenomeno in lenta riduzione, oggi attestatosi sul 14,5% livello nazionale – in base alle stime Eurostat aggiornati al 2018 – e con “punte” in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna superiori al 30%.
A questi numeri sulla dispersione scolastica “esplicita”, già allarmanti e molto lontani dalla soglia del 10% indicata da Bruxelles come obiettivo del prossimo anno, si devono però sommare quelli di una seconda tipologia di dispersione: quella “implicita”, pari al 7,1% (parliamo di oltre 35 mila studenti) riguardante a quei giovani che escono con un titolo di studio di scuola secondaria di secondo grado, ma senza possedere nemmeno lontanamente le competenze di base che sarebbero previste dopo 13 anni di scuola.
In pratica, questi giovani non sarebbero in possesso delle cognizioni minime in Italiano e Matematica, per non parlare dell’Inglese.
Il termine è stato esplicitato da Roberto Ricci, responsabile nazionale prove Invalsi, sull’editoriale “La dispersione scolastica implicita” pubblicato questo mese.
Sommando le due percentuali, a livello nazionale si supera il 20%: significa che un ragazzo ogni cinque non ha terminato il secondo ciclo di istruzione oppure, pur avendolo concluso, non ha le competenze corrispondenti al livello atteso.
Se poi la dispersione “implicita” si somma a quella “esplicita” delle regioni del Sud, si giunge ad un davvero preoccupante 40% di giovani culturalmente inadeguati rispetto a quello che la società si attende da loro.
Secondo il responsabile nazionale prove Invalsi, il problema dell’abbandono precoce o della scarsa conoscenza delle competenze minimi, si evidenza già al termine delle scuole medie: eppure, fa notare Ricci, questo dato sfugge quasi totalmente alle statistiche ufficiali tradizionali.
Infatti, se nella provincia autonoma di Trento la percentuale di studenti in difficoltà nell’ultimo anno della scuola media è del 6,3%, del 6,6% in Friuli Venezia Giulia, del 7,2% in Valle d’Aosta e dell’8,1% in Veneto, nella provincia autonoma di Bolzano, nelle Marche e in Lombardia la percentuale sale all’8,3% ma balza al 10,2% in Emilia Romagna, al 10,8% in Umbria, all’11,6% in Toscana, al 12,1% in Liguria.
La percentuale sale al 13% nel Lazio, al 13,8% in Abruzzo e arriva al 16,5% in Molise, al 18,9% in Puglia, al 19,9% in Basilicata.
Scendendo ancora più a Sud, la dispersione assume dimensioni decisamente grandi: si va dal 22,2% in Sardegna al 25% della Campania, dal 27,9% della Sicilia fino al 29,6% della Calabria.
Ma chi sono gli alunni in difficoltà? Ricci ha spiegato che si tratta di coloro che hanno raggiunto al massimo il livello 2 in Italiano e Matematica, ma non in Inglese, sia nella lettura che nell’ascolto.
L’esperto di prove Invalsi rimarca il fatto che “in alcune regioni del Paese oltre un allievo su quattro termina la scuola media con livelli di competenza di base del tutto inadeguati, creando così le premesse del fenomeno della dispersione scolastica, comunque la si intenda”.
“È del tutto evidente – conclude Ricci – che un’azione tempestiva di aiuto a questi giovani porterebbe, nel giro di pochi anni, a ridurre sensibilmente i livelli della dispersione scolastica complessiva”.
Per quanto riguarda, invece, la dispersione totale, sommando quella che il dottor Ricci definisce “esplicita” e “implicita”, c’è da dire che solo il Veneto e la Provincia autonoma di Trento riescono a mantenere la quota dei dispersi totali al di sotto del 10% dei giovani, raggiungendo quindi l’obiettivo posto dall’Ue per il 2020.
In tutto il resto del centro nord la quota dei dispersi totali oscilla tra il 15 e il 20%. Anche da questa “visuale”, in diverse regioni del Mezzogiorno i dispersi totali sono più del 25% fino a raggiungere il 31,9% in Campania, il 33,1% in Calabria, il 37% in Sicilia e il 37,4% in Sardegna.
Il risultato è che un giovane su tre fra i 18 e i 24 anni in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna non possiede le competenze di base nella capacità di lettura, di fare semplici calcoli, per non parlare della comprensione dell’inglese.
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