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Studenti scorretti? Colpa dei genitori. Il significato delle parole controcorrente di una Preside

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«Metto 6- a un’alunna, e immediatamente mi giunge un’email della madre che vuole saperne i motivi». Frase pronunciata migliaia di volte all’anno da altrettanti docenti italiani, costretti alla difensiva da troppi genitori iperprotettivi. Finalmente, però, per la prima volta una Preside ha detto a chiare lettere che i difetti degli studenti sono causati dai loro genitori: parole che hanno suscitato scalpore e polemiche.

È accaduto lo scorso novembre a Bari, durante l’open day del Liceo Scientifico “Gaetano Salvemini”, la cui Dirigente Tina Gesmundo (già insegnante di greco e latino) non ha avuto timori nel dire francamente la verità sui tanti «bulletti che fotografano le targhe delle auto dei professori, e che sfottono un compagno per un brutto voto». I loro genitori — quelli della “Bari bene“, aggiunge la Preside — «mi fanno chiamare dai politici per raccomandare i figli». Gli stessi genitori che declassano a semplici “ragazzate” le minacce dei figli ai professori.

Scuola di tutti? o dei raccomandati? I giovani fuorviati dal cattivo esempio

Con sintesi inequivocabile, Gesmundo ha pertanto ricordato che le pecche dei figli non vanno attribuite ai social media, ma a quei genitori che sovrappongono alle vite dei figli i propri obiettivi, educandoli ai miti del denaro e del successo; essi allevano figli ingrati e indolenti, che abbandoneranno i genitori in un ospizio quando saranno vecchi.

Diseducazione impartita come niente fosse: risultato dello scarso senso civico di alcuni genitori, pronti a giovarsi di raccomandazioni potenti per ottenere privilegi per i propri pargoli. «Mi ha scritto un assessore regionale», denuncia la Preside, «per annunciarmi l’arrivo di un genitore: è una cosa che non ha alcun valore per me. Io ho una mail istituzionale, chi mi scrive viene ricevuto entro la fine della settimana. Non serve nessuna intermediazione, non mi interessa che sia un notaio o un operatore ecologico, sono genitori di alunni della mia scuola. Li ricevo tutti». Una Preside democratica nei fatti.

Nel Liceo intitolato a Gaetano Salvemini

Coerentemente con quanto sopra, la Preside ha ricordato che il Liceo “Salvemini” «è una scuola dedicata a un oppositore del fascismo, rispettatela». Frase importante, per ricordare agli italiani di oggi che l’Italia non è sempre stata un Paese di allegri e meschini opportunisti.

Gaetano Salvemini (1873-1957), nato a Molfetta, politico e storico antifascista, si laureò a Firenze in lettere classiche — senza raccomandazioni né “aiutini — a 22 anni, diventando subito Professore di latino, storia e geografia, in un tempo in cui Scuola e Università erano istituzioni serie (o, come si direbbe oggi, “selettive” e “difficili”).

L’albero si giudica dai frutti

Sopravvissuto al terremoto di Messina del 1908 — in cui perse sorella, consorte e cinque figli — Salvemini a 37 anni divenne docente di Storia moderna all’Università di Pisa prima e di Firenze poi. Fu deputato del Regno dal 1919 al 1921. I suoi ideali erano ispirati al socialismo, al meridionalismo, al federalismo libertario. L’anarchico Camillo Berneri, il futuro partigiano Federico Chabod, il liberalsocialista Carlo Alberto Rosselli, l’azionista e radicale Ernesto Rossi furono suoi studenti. A riprova che i buoni insegnamenti danno sempre buoni frutti, e che si insegna con l’esempio, non con le parole.

Familismo amorale, populismo fascista, totalitarismo

Salvemini capì subito che il populismo fascista, ammantato di nazionalismo e retorica patriottarda, copriva il vezzo italiota del familismo amorale — quello denunciato dalla Preside Gesmundo — e metteva in pericolo la libertà e i diritti della stragrande maggioranza. A 52 anni egli, attivo e coerente oppositore dei fascisti, e perciò in pericolo di vita, espatriò in Francia e poi negli USA, continuando ad insegnare persino all’Università di Harvard, sempre opponendosi ad ogni totalitarismo (non escluso quello sovietico).

«Non vendo detersivi e non sono sul mercato»

Intervistata dal Corriere della Sera, la Preside Gesmundo ha dichiarato: «Io a chi si vuole iscrivere in questa scuola devo dire la verità, non vendo detersivi e non sono sul mercato». Parole esemplari, nell’epoca delle scuole-azienda in competizione sul “mercato dell’offerta formativa”, degli “open day” in stile concessionaria automobilistica, dell’ideologia neoliberistica come unica vera religione dei nostri tempi. Ideologia del denaro, dell’individualismo esasperato, dell’esclusione e della persecuzione di chi è diverso, debole, non vincente, non omologato. Gesmundo ha infatti stigmatizzato anche il bullismo di molti studenti verso i propri compagni più fragili e indifesi.

Altri dirigenti, purtroppo — per fortuna non tutti — di solito si preoccupano solo di attrarre “utenti” (clienti?) per l’anno scolastico successivo, calamitando proprio quel tipo di genitori che spalleggiano i figli durante le occupazioni, pronti a rifornire le “creature” di pizza, coperte, panini e pasta al forno.

Una Preside da onorificenza della Repubblica Italiana

Molti decenni sono passati da quando i genitori erano persone che avevano vissuto la guerra e la Resistenza. I genitori di oggi sono nati negli anni ‘70 e ‘80, allevati davanti a canali (canili?) TV con palinsesti non certo ispirati ad etica e pedagogia, ma alla vendita di spazi pubblicitari mediante spettacoli-spazzatura. Più di 40 anni di un simile bombardamento mediatico, sommati ai precedenti 25 di consumismo (e alle stragi degli anni di piombo, che hanno rinchiuso i cittadini nella dimensione privata), hanno cambiato il “DNA mentale” degli italiani.

Il risultato è quello lamentato dalla Dirigente di Bari: genitori più adolescenti dei propri figli, che nella migliore delle ipotesi non hanno compreso le materie studiate né il portato etico della conoscenza, insegnando ai figli — come sempre accade — quel che essi stessi sono.

Se c’è una persona che andrebbe premiata con un’onorificenza della Repubblica, quella persona è Tina Gesmundo: una Dirigente coraggiosa e anticonformista che, per quando andrà in pensione, sogna di tenere corsi di greco antico per chi non ha potuto studiarlo (come ha dichiarato al Corriere della Sera).

Ci auguriamo vivamente che il nostro Presidente Sergio Mattarella sia della nostra stessa opinione.