L’incorrere in chiusure per emergenza sanitaria, la povertà diffusa che genera tensioni sociali e lo svilupparsi di un disagio collettivo compromettono seriamente il rendimento scolastico dei giovani europei. A farlo presente non solo i dati del PIRLS, survey realizzata a livello comunitario – che include anche paesi dell’area SEE – ma anche l’OMS, che lancia un allarme globale relativo al generale e precario stato di salute della popolazione scolastica a livello mondiale.
Le cause sono molteplici ed attingono generalmente al coefficiente di Gini su base territoriale (distribuzione del reddito pro-capite) ed alla situazione socio-economica delle famiglie coinvolte: due studenti su tre (fattivamente il 70% circa) provengono da ambienti caratterizzati da disagio, povertà economica ed educativa relativa. A queste dinamiche si legano fattori relativi ad un sempre più generalizzato calo attentivo: studenti sempre più provati e sottoposti a stress, che presentano difficoltà anche e soprattutto nel raggiungimento degli obiettivi minimi di apprendimento.
Vi è una preoccupazione crescente che i giovani studenti siano meno concentrati a scuola. Di ciò si attribuisce spesso la colpa agli smartphone e ai social media. Allo stesso tempo, vi è una forte pressione sulle scuole affinché forniscano risultati di apprendimento massivo, con un calo dei risultati degli studenti in alcuni importanti test standardizzati. Le aziende “Edtech” (tecnologie educative) stanno offrendo una potenziale soluzione alle scuole attraverso i dati sul coinvolgimento. Questi dati misurano il coinvolgimento degli studenti automaticamente e in tempo reale.
Come esplorano alcuni quotidiani anglosassoni, misurare il coinvolgimento attraverso programmi digitali può sembrare una buona idea, ma dobbiamo avere una comprensione molto più chiara di ciò che questi dati stanno effettivamente misurando e del tipo di coinvolgimento che stanno promuovendo. Gli studenti delle scuole e delle università avranno familiarità con le “piattaforme di apprendimento online”. Si tratta di spazi online in cui sono contenuti e risorse didattiche. Potrebbe essere per qualsiasi materia e per l’apprendimento che gli studenti devono fare in classe o a casa. I “dati sul coinvolgimento” descrivono qualsiasi tipo di misurazione sul modo in cui gli studenti utilizzano queste piattaforme (piuttosto che sui risultati o sull’apprendimento). Gli insegnanti possono quindi visualizzare i dati dei propri studenti tramite dashboard.
Attraverso i dati sul coinvolgimento, le piattaforme di apprendimento online promuovono l’idea che il coinvolgimento è misurabile e può essere espresso in numeri e grafici. Ciò potrebbe corrispondere alla percezione che alcuni insegnanti hanno del coinvolgimento in quanto gli studenti sono “in attività”.
Ma si tratta di un’idea molto limitata rispetto alla maggior parte delle teorie accademiche sull’impegno utilizzate oggi dai ricercatori nel campo dell’istruzione. Molte di queste teorie collegano l’impegno a sentimenti e atteggiamenti nei confronti dell’apprendimento, piuttosto che al tempo trascorso a fare questo o quello. Un caso interessante si lega agli INVALSI: lo studio dei dati da parte di progetti di ricerca indipendenti afferma che anche il Belpaese vede una comunità scolastica interessata da un calo attentivo e conseguente peggioramento del rendimento nelle discipline di base.
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