Si torna a parlare ancora del grado di preparazione degli studenti. A intervenire questa volta è il presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp) di Roma, Mario Rusconi, che spiega la sua visione della scuola del futuro affinché si cambi rotta.
“Che molti studenti italiani siano impreparati lo certificano le prove Invalsi – spiega – E non è solo colpa della pandemia, perché già prima le cose non andavano bene. Adesso con la seconda prova di maturità elaborata dagli stessi insegnanti degli studenti, istituto per istituto, e tenendo conto del lavoro svolto, ci saranno diversificazioni sulle valutazioni. In un classico si darà ad esempio una versione di Tacito, in un’altra una di Giulio Cesare, che è più semplice da tradurre. E questo non può essere”.
E per quanto riguarda gli esami di maturità: “Se l’impostazione degli esami di maturità fosse davvero valida non ci sarebbe bisogno delle prove di accesso all’università. Evidentemente l’università non si fida molto della scuola superiore…”. Rusconi ricorda allora il sistema francese dove quasi tutti gli atenei non hanno i test di accesso e dove è possibile iscriversi tutti al primo anno, “poi però se non si fa un certo numero di esami non si può proseguire. Ma questo presuppone un numero adeguato di spazi e di docenti che qui non abbiamo”.
Secondo il preside, inoltre, sarebbe necessario introdurre il curriculo flessibile: “Se vado male in matematica devo fare più matematica, non devo fare le stesse ore di tutti. Se studio musica da tre anni, che senso hanno quelle due ore settimanali di musica alla scuola media? Andrò quindi dove ho più bisogno. E’ lo studente che si sposta e non il professore, come accade appunto nei Paesi anglosassoni. E poi le scuole dovrebbero essere aperte tutto il giorno, e nel pomeriggio dovrebbero ospitare le opzioni culturali che i ragazzi amano, come la musica o il cinema. Per fare questo sono necessari investimenti soprattutto sui docenti. Ecco, mi sarei aspettato, dal Pnrr, un pezzo di curriculo flessibile: più spazi e più insegnanti per gestire mini gruppi per il recupero delle carenze”.
E conclude: “Se si vuole davvero avere una scuola al passo con i tempi non si può prescindere da tutti questi aspetti. Ho molta fiducia negli insegnanti italiani che si spendono per dare ai loro studenti le competenze necessarie per affrontare l’università e il mondo del lavoro, ma non basta: è necessario un progetto generale sull’istruzione di ampio respiro, lungimirante, che non dipende dal singolo insegnante ma dal legislatore”.
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