In Paesi di antica immigrazione come gli USA, la Germania, la Francia, ecc. il numero di studenti stranieri per classe (20%) viene prefissato dalle Autorità scolastiche su precise direttive ministeriali e statali. In Italia, invece, ciò non avviene e si registra spesso che la classe è interamente frequentata da studenti stranieri di recente immigrazione. L’integrazione con la società d’immigrazione, Padova, Veneto e Italia può meglio avvenire se gli immigrati si confrontano, mano mano, con i coetanei italiani, viceversa, è più lenta l’integrazione linguistica, sociale e culturale con formazione di ghetti, spesso non integrati. Nelle scuole italiane, scrivono i nostrani mass media “i figli degli immigrati stanno scalzando via i figli di italiani. È una questione di numeri: ne fanno di più. E così succede che le classi diventino sempre più multietniche.
Nei giorni scorsi il Giornale aveva raccontato di una classe dell’Idi Milano. T. Schiapparelli, dove su 26 alunni soltanto tre sono italiani. Libero tira fuori il caso della scuola elementare Rosmini di Padova dove, dietro i banchi della prima, siedono ben 24 bambini di nazionalità diversa. Tra questi non c’è nemmeno un italiano. Dopo il caso dell’Elementari di via Paravia, a Milano, che anche quest’anno ha aperto con 125 iscritti stranieri su 131 alunni totali, ecco altre “scuole ghetto” che imbarazzano il politicamente corretto. Perché, a dispetto delle campagne buoniste sull’accoglienza, sono la riprova che l’integrazione è impossibile. I pochi italiani che restano sono preoccupati, mentre quelli che possono scappano.
“Ma con chi parlerà mio figlio? – si chiedeva nei giorni la madre di un iscritto allo Schiaparelli-Gramsci di Milano – i ragazzini che arrivano dalla stesso paese tendono a fare gruppo chiuso, e gli italiani sono in netta minoranza. Come sarà la vita di mio figlio in classe? Rimarrà escluso?”.
E così succede, come a Padova, che gli italiani preferiscono iscrivere i figli altrove. Ma anche gli immigrati sono preoccupati per i propri piccoli.
“Con 23 compagni stranieri e nessun italiano in classe – spiega un egiziano a Libero – mio figlio non imparerà nulla e non sarà mai integrato”.
Quando si tratta di elementari il problema è, in primis, l’italiano. Alle superiori la stragrande maggioranza degli alunni lo parla. Allo Schiaparelli-Gramsci di Milano, per esempio, soltanto in una prima ci sono 5 studenti di cittadinanza italiana su 25, ma i ragazzi con i cognomi stranieri sono di seconda generazione, cioè sono nati e cresciuti qui, e hanno frequentato le nostre scuole. Si contano due neo arrivati in tutto l’istituto. E a questi saranno dedicati docenti specializzati nell’insegnamento dell’italiano agli stranieri. Alla Rosmini di Padova, invece, il problema è più complesso. Tanto che alcuni professori hanno proposto di equiparare l’italiano all’inglese catalogandolo come “Italiano Due”. In questo modo, però, non sono obbligati a impararlo bene. Eppure c’è che chi pensa che con lo ius soli, “regalando cioè la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, si risolvano tutti i problemi. Tra gli stranieri maggiormente presenti nel comune di Padova ci sono: romeni, moldavi, nigeriani, cinesi, marocchini, filippini, albanesi, bengalesi, ucraini, cingalesi, tunisini, camerunensi, indiani, pachistani, serbi, kosovari, croati, senegalesi, iraniani, spagnoli.
Nel 2013 a Padova città su 209.678 residenti italiani si registravano 31.666 stranieri; 33.268 l’anno successivo e 33.395 nel 2015, dunque il 15,8% di stranieri. I romeni erano 8776 e i moldavi 4.704, sono le due comunità straniere più numerose. Più ci addentra nel pianeta-immigrati, più ci si accorge della sua evoluzione continua, fisiologica, impercettibile eppure rapida. I numeri ci dicono che tra i 18.000 stranieri regolari della città di Padova, tra i quasi 50.000 della Provincia contiamo più di 160 nazionalità. Nel 2001 in Veneto c’erano 127.588 stranieri e all’inizio del 2005 sono 286.777. Nello stesso periodo la provincia di Padova, che passa da 14.155 a 49.243 presenze, viene dopo Verona (32.499 – 61.622), Vicenza (30.861- 49.781), Treviso (29.957- 70.268). Il mio omonimo, prof. Enzo Pace, dell’Università di Padova, ha scritto un saggio sulle nuove religioni in Italia causate dall’arrivo dei tanti immigrati degli ultimi anni. L’Italia da Paese di emigrati è divenuto ambiente d’immigrati. La terminologia e i casi variano: regolari, irregolari, clandestini, richiedenti asili, rifugiati – con statuti socio culturali e politici diversi. Ce ne sono con permesso di soggiorno per lavoro, per studio, per ricongiungimento familiare, per motivi umanitari e per turismo. Sono comunitari (30%) ed extracomunitari (?).
La maggioranza è immigrata, altri sono nati in Italia. Più del 70% delle presenze ha tra i 18 e 49 anni, ma il numero dei bambini sta crescendo. Alcuni hanno la laurea (6,8 % nel Veneto), la licenza media superiore (29,7), la licenza media inferiore (36,3). La religione predominante è la cristiana nelle varie confessioni (Veneto 48%, di cui un terzo cattolico); seguono le altre religioni (mussulmani 34% e buddisti/altri 18%). Le presenze individuali e frammentate stanno raggruppandosi in una serie di comunità etniche con i loro punti di riferimento commerciali, associativi, culturali e religiosi. In poco tempo, a volte anche solo 24 ore, sono arrivati in un mondo culturalmente diverso e quindi sono stai “analfabetizzati” dal viaggio. I più con il sogno del ritorno, alcuni con il desiderio di rifarsi una vita all’estero. Le relazioni delle persone e dei gruppi immigrati con gli indigeni o autoctoni sono fortemente condizionate dalla poca conoscenza della lingua italiana e del dialetto veneto molto parlato, spesso anche da non pochi docenti. A Padova, nel Veneto e in Italia urge regolamentare il numero di studenti stranieri per ogni classe e il 20% sembra essere l’ideale, percentuale già adottato da Stati meno distratti del nostro che, purtroppo, tira a campare, rimandando la soluzione del problema d’integrazione culturale.
Giuseppe Pace (Segretario Prov.le Partito Pensionati Padova)
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