L’integrazione a scuola degli studenti stranieri troverebbe buoni alleati sia negli studenti italiani che nei docenti: se non fosse per un po’ di tensione che serpeggia alle superiori l’Italia figurerebbe tra le nazioni più accoglienti per gli studenti con origini d’oltre confine. Il dato emerge da uno studio realizzato da Camilla Pagani e Francesco Robustelli, due psicologi dell’istituto di “Scienze e tecnologie della Cognizione” del Consiglio nazionale delle ricerche, a seguito diun’indaginesvolta in 10 scuole italiane (3 superiori, 5 medie, 2 elementari) dell’Italia centrale (8 a Roma, una nella provincia di Roma, una nella provincia di Firenze). L’indagine, che ha coinvolto anche 86 insegnanti (73 femmine, 85%, e 13 maschi, 15%), dimostrerebbe che “in quasi tutte le scuole non ci sono state particolari difficoltà nell’inserimento di alunni stranieri, specie quando – spiegano i due psicologi – questi sono in Italia da qualche anno e hanno frequentato già la scuola materna e la scuola elementare da noi”.Inalcune scuole superiori alcuni docenti si sono tuttavia dimostrati preoccupati per la diffusione di atteggiamenti razzisti tra gli alunni, in particolare versoragazzi di colore, zingari ed ebrei. Male ragioni dei rapporti difficili tra gli alunni sarebbero più di tipo psicologico che culturale: per esempio, quando i ragazzi manifestano aggressività nei riguardi dei soggetti più deboli come i portatori di handicap, indipendentemente quindi dal fatto che siano stranieri o italiani.
I risultati sono emersi attraverso la cosiddetta tecnica del focus group: una serie di interviste collettive ai docenti, riuniti in gruppi di 5 fino al massimo di 10 unità, alla presenza di un ricercatore che fungeva da moderatore e di un altro come osservatore. Durante le discussioni sono state trattate una serie di tracce sull’inserimento di alunni stranieri, sul loro rapporto con la scuola e sullestrategie adottate dagli insegnanti per meglio integrarli. Il primo dato emerso è che il dibattito sul concetto di integrazione, se cioè vada intesa come assimilazione o come conservazione della propria identità culturale, nei focus group si è sviluppato solo in 3 scuole medie, mentre nelle altre 7 l’integrazione viene intesa con una valenza decisamente positiva.
Molti insegnanti indicano insomma le ragioni dei rapporti difficili tra gli alunni più sul versante psicologico che su quello culturale: per esempio, quando i ragazzi manifestano aggressività nei riguardi dei soggetti più deboli come i portatori di handicap, indipendentemente dal fatto che siano stranieri o italiani. Di bullismo in senso stretto parlano gli insegnanti di 7 scuole, confermando quanto la letteratura scientifica ha rilevato sulla diffusione e gravità di questo fenomeno anche in Italia.Alcuni insegnanti, soprattutto nelle scuole superiori, hanno riferito con rammarico che talvolta ragazzi italiani e stranieri non si frequentano molto fuori della scuola e attribuiscono in alcuni casi la responsabilità di questo fatto alle famiglie degli alunni stranieri (a parte le famiglie rom, il riferimento è in particolare a quelle cinesi, filippine e mussulmane) che non incoraggerebbero la socializzazione dei loro figli.
Le insegnanti delle scuole elementari sottolineano inoltre come l’inserimento degli alunni stranieri sia stato molto facilitato grazie alla collaborazione dei bambini italiani. In 3 scuole, 2 medie e 1 Dalle scuole elementari, invece, i docenti fanno riferimento a forme di vero e proprio attaccamento affettivo degli alunni stranieri alla scuola: “in una elementare e una media– dicono Pagani e Robustelli – alunni stranieri, nonostante non abitino più vicino alla scuola, continuano a frequentarla. In un’altra scuola media sono gli insegnanti, oltre che i compagni di classe, a fungere da punti di riferimento. Ad esempio una ragazza chiede alla sua insegnante di accompagnarla a comperarsi un costume per andare in piscina, attività che viene svolta con tutta la classe, e l’insegnante l’accompagna volentieri”.
Ogni singola disciplina comporta vantaggi e alcuni svantaggi per quanto riguarda l’inserimento dell’alunno straniero, soprattutto nella fase iniziale. Ad esempio, l’educazione fisica e l’educazione musicale non creano particolari problemi, in quanto materie che si basano molto sull’attività pratica. L’inglese risulta spesso molto difficile per gli stranieri, in particolare per quelli che già sono impegnati nell’apprendimento dell’italiano.Per quanto riguarda la matematica, l’inserimento sembra facilitato dall’uso di una simbologia internazionale, mentre difficoltà si riscontrano nelle scienze, che richiedono l’uso di un linguaggio molto specifico.In numerosi gli alunni stranieri non conoscono o conoscono molto poco l’italiano, anche se più grandi sino a 4 anni più grandi rispetto ai loro compagni. Da segnalare anche la “preoccupazione” di alcuni insegnanti e genitori per il fatto che l’inserimento di alunni stranieri o di portatori di handicap possa nuocere agli alunni più dotati e abbassare il livello generale della classe. L’indagine del Cnrè stata riassunta nel volume “Marek a scuola”,edito da Franco Angeli, presentato a Roma il 18 gennaio preso l’Istituto “Galileo Galilei”.