L’Italia sta perdendo terreno in materia di internazionalizzazione studentesca e scolastica in generale.
Il dato emerge dal rapporto dell’Osservatorio nazionale, presentato a Milano dalla Fondazione Intercultura il 10 ottobre.
Questo significa che le scuole italiane si stanno rivelando piuttosto inadeguate e chiuse a livello internazionale, perdendo progressivamente attrattiva per gli studenti stranieri. Infatti se nel 2014 erano circa 3200 i giovani provenienti da altri paese che decidevano di soggiornare in Italia per motivi accademici, oggi se ne contano 2800.
Ma anche nell’altro senso la situazione non appare tanto rosea: soltanto il 57% delle scuole riesce ad organizzare viaggi di istruzioni, programmi validi di scambi culturali e altre esperienze all’estero che invece sono sempre più essenziali per i giovani studenti. Le cause di questo rallentamento degli istituti italiani nel processo di internazionalizzazione sono da ricercare in primis nella crisi economica che ha investito il paese, comportando sempre più tagli ai budget a disposizione, con la conseguente riduzione alla mobilità delle classi. Dal 2014 si è passati dal 69% di studenti che intraprendevano uno stage all’estero al 64% nell’anno in corso.
E pensare invece che inserire nel proprio curriculum un soggiorno di studio oltre i confini nazionali aumenta notevolmente le possibilità di essere considerati dei candidati idonei per una posizione di lavoro. Basti pensare che l’84% di coloro che sono partiti per studiare fuori dall’Italia non solo hanno conseguito almeno un titolo accademico portando a termine un brillante percorso, ma trova lavoro più facilmente rispetto a chi non ha avuto modo di vivere un’esperienza del genere.
Questo perché i ragazzi acquisiscono un’indipendenza e una capacità di organizzazione che soltanto lontano dalle mura domestiche e da tutto ciò che è conosciuto e familiare si può assimilare. Si assume un atteggiamento di maggiore consapevolezza non soltanto rispetto al mondo circostante ma anche rispetto le proprie capacità. Inoltre si impara a non fare affidamento sugli altri, facendosi interamente carico delle proprie responsabilità. Senza contare le conoscenze linguistiche e culturali che si acquisiscono. Tutti fattori che hanno un certo rilievo dunque per un datore di lavoro impegnato nella scelta di una nuova risorsa da assumere.
Per questo bisogna puntare sull’incremento di fondi da destinare a progetti che favoriscano lo scambio culturale e gli stage, magari creando anche occasioni per quegli studenti meritevoli ma con un reddito esiguo. L’importante è insomma non restare indietro rispetto all’Europa, rispetto al mondo, cercando di suscitare l’interesse di studenti di altre nazionalità. Forse per questo sarebbe sufficiente anche solo valorizzare il patrimonio culturale che già di per sé potrebbe costituire un elemento di rilievo per approfondire un certo tipo di studi nel nostro paese.
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