I recenti casi di bullismo, cyberbullismo e violenza in classe preoccupano non poco. Dal rientro a scuola avvenuto quasi due mesi fa sono letteralmente all’ordine del giorno gli episodi che vedono protagonisti studenti violenti, indisciplinati, quasi fuori controllo.
Sul tema è stata intervistata da Il Corriere della Sera una docente, Mariella Demichele, 51 anni, insegnante di italiano all’Istituto Agrario Sereni di Roma da oltre dieci anni. Quest’ultima ha fatto il punto sulla situazione, che appare peggiorata negli ultimi tempi, riportando in primis la sua esperienza quotidiana.
“Purtroppo notiamo che ci sono molti ragazzi che sono dolorosamente chiusi, rigidi. Sconnessi: non dal telefonino ma dal contesto”, ha detto la prof. “La situazione di disagio è evidente e preoccupante. Anche quando non sfocia nella violenza. Persino i docenti si trovano in difficoltà di fronte a queste situazioni: abbiamo esteso anche a loro la possibilità di rivolgersi alla psicologa della scuola perché ormai anche a loro viene richiesta una competenza psicologica che fino a poco tempo fa non era necessaria. Faremo anche dei corsi per insegnare loro nuove metodologie didattiche per poter gestire le classi più complicate”, ha continuato.
“Ci sono nelle prime classi problemi di vario tipo: una situazione di irrequietezza continua, turbolenze non paragonabili a quelle degli anni scorsi. Non sanno ascoltare, parlano tutti insieme, non hanno idea del contesto. Sono in uno stato di analfabetismo emotivo”.
Gli stessi genitori si trovano in difficoltà: “Quest’anno abbiamo già trattato una decina di casi e convocato cinque famiglie per episodi disciplinari. Solo due sono venute. Anche a loro abbiamo aperto lo sportello psicologico. Ci sono genitori che ci confessano la loro incapacità a gestire i figli, l’impeto degli adolescenti. Un padre mi ha detto: io non sono più in grado di prendermi l’odio di mio figlio quando gli dico no”, ha raccontato la docente.
Spesso, parallelamente a questi episodi di violenza in classe, emergono le problematiche connesse all’uso dei telefoni in classe, negli ultimi tempi vietati da molti istituti. Gli smartphone, quasi sempre, sono usati per fare video riprendendo gli episodi violenti in classe. O, ancora, sono usati per perpetrare atti di cyberbullismo o di diffusione di immagini private. Secondo la professoressa, in ogni caso, la soluzione non sta nel divieto dei dispositivi: “Noi non condividiamo la pratica di non usarlo in classe. Vorremmo arrivare ad uno virtuoso responsabile anche per lavorare a scuola”.
Secondo l’insegnante sospendere gli studenti indisciplinati non ha senso, come ha fatto notare da poco anche lo psichiatra Paolo Crepet. Al contrario, perché non agire con l’obbligo di frequenza? “Cerchiamo di non usare la sospensione perché significa lasciare gli studenti fuori da scuola. Preferiamo la sospensione con obbligo di frequenza che è più educativa. Ma da noi può capitare di dover prendere questa decisione al massimo in un caso all’anno” ha concluso Mariella Demichele.
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