Nell’appuntamento di Tecnica della Scuola live in occasione dalla giornata internazionale della donna abbiamo parlato di studi di genere. Ma cosa sono esattamente? Ce lo spiega Graziella Priulla, docente universitaria, saggista, sociologa, esperta di gender studies, che esorta gli insegnanti a formarsi sui questi temi perché “l’educazione di genere su quegli studi si fonda e su quegli studi bisognerebbe che i docenti si formassero una competenza didattica“.
“Gli studi di genere riguardano i rapporti tra i generi e la presenza dei generi in tutte le istanze della società, dalla politica alla famiglia al lavoro – spiega l’esperta -. Hanno una storia lunga, dal 1974 negli Stati Uniti agli anni ’80 in Europa, e c’è una raccolta infinita di buone pratiche in Italia sebbene non coordinate e affidate alla buona volontà delle singole docenti”.
Cosa significa parlare di genere? La docente chiarisce: “Non vuol dire educazione sessuale e non vuol dire educazione all’affettività. Parlare di genere a scuola non vuol dire neanche confinare in un riquadro dei libri di testo la questione femminile. Noi non siamo una questione, noi siamo la metà e più dell’umanità – argomenta con grande partecipazione -. Si tratta di una cosa molto più ambiziosa: si tratta non di un oggetto del conoscere ma di una prospettiva del conoscere, di sfruttare gli impianti teorici, i suggerimenti pratici, gli approcci e i metodi che abbiamo per rileggere tutto il nostro impianto culturale”.
Un’altra esigenza prioritaria “rivedere tutti i libri di testo e dare spazio alle presenze, alle voci, alle culture femminili nella storia, nell’arte, nelle scienze, dove le donne hanno lavorato eppure sono risultate invisibili. E bisogna riconoscere il fatto che gli autori di questi testi sono spesso uomini o comunque autori che appartengono a un modello androcentrico che ci portiamo dentro (anche molte donne inconsapevolmente riproducono quel modello)”.
“Ma le donne sono invisibili anche nella matematica – continua l’esperta degli studi di genere – pensiamo che tutti gli algoritmi sono studiati e costruiti in funzione del maschile. O pensiamo alla medicina: il corpo femminile nella medicina è presente pochissimo. Nell’urbanistica: come è fatta una città che sia fatta anche per le donne, per i passeggini, per i bambini?”
Insomma si tratta di riprendere ogni nostro insegnamento e rileggerlo in funzione di uno sguardo doppio che ponga al centro tanto l’uomo quanto la donna.
Si è fatto un enorme lavoro sui libri di testo, spiega ancora Graziella Priulla. “Molte mie colleghe lavorano sulle fiabe, sulle illustrazioni. C’è bisogno di parità. La storia va riscritta dalla preistoria ai giorni nostri: una grandissima storica come Elisabetta Serafini ci spiega che è stupidissimo dire che l’uomo ha scoperto l’agricoltura, perché sono state le donne primitive a scoprire l’agricoltura; e non è vero che Giolitti abbia introdotto il suffragio universale perché di universale non aveva nulla; e non è vero che gli ateniesi fossero una democrazia avanzata perché non faceva votare le donne e gli schiavi equiparandoli. Su tutto questo si possono innestare i discorsi sull’oggi per vedere che residuo persiste”.
E conclude: “Ma gli insegnanti devono essere formati su questo“.
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