Il grado di istruzione influisce pure sui legami matrimoniali: chi è laureato, in genere, ha meno possibilità di andare incontro al divorzio. Le donne laureate hanno il 78% di probabilità che il matrimonio duri 20 anni contro il 41% delle diplomate, mentre per gli uomini le percentuali sono rispettivamente 65% e 47%.
La variabile diretta è citata da Justin Lehmiller, psicologo della Ball State University, sul blog Sex and Psichology ripreso dall’Ansa, assieme ad altre caratteristiche.
IL PROTOTIPO DI CHI RISCHIA IL DIVORZIO
Chi rischia di più di mandare in frantumi il matrimonio rientra infatti in un questo prototipo: diplomato, poco religioso, sposato prima del tempo, incline al tradimento e con genitori divorziati.
“Se la convivenza non predice più il divorzio come succedeva una volta – si legge -, l’età invece lo fa. Prima una coppia si sposa o va a convivere e maggiori sono le probabilità che divorzi”: il range migliore per una unione duratura sarebbe, quindi, attorno ai 25-32 anni.
La religione ha un effetto simile al titolo di studio, alzando la probabilità di un matrimonio lungo.
Sull’infedeltà che minasse i legami, invece, non c’erano dubbi.
SALGONO LE QUOTAZIONE DEL FATTORE GENETICO
Ma il fatto che i figli di coppie divorziate detengono un rischio maggiore di vivere la stessa esperienza, apre ad altre ipotesi: “le ultime ricerche – scrive lo psicologo – sembrano dimostrare che la ragione sia genetica, visto che le probabilità di divorzio delle persone sono legate a quelle dei genitori biologici e non di quelli adottivi. L’ipotesi è che ci sia una predisposizione ad alcuni tratti della personalità come il neuroticismo, cioè l’instabilità emozionale, o l’impulsività che aumentano il rischio di divorzio”.
Secondo Lehmiller, infine, non c’è alcuna dimostrazione a favore della tesi secondo cui la fruizione del “porno distrugga i matrimoni”. Si tratterebbe di una motivazione tutta da dimostrare: “queste ricerche hanno il problema dell”uovo’ e della ‘gallina’, non sappiamo in realtà se è il porno che causa i divorzi o piuttosto il farne uso sia un segno di crisi”, ha concluso lo psicologo.