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Studiare aumenta l’aspettativa di vita, chi lascia gli studi per lavorare invecchia prima: i dati di una ricerca inglese

Per coloro che sperano presto di terminare i loro studi ed avventurarsi nel mondo del lavoro, tra sorprese ed opportunità, la scienza ha in serbo una triste notizia: trascorrere attivamente molti anni, giorno dopo giorno, tra i banchi, libri, lezioni a scuola aumenta l’aspettativa di vita dello studente.

A sostegno di ciò occorre comprendere, fino in fondo, le caratteristiche intellettive del cervello umano e della mente che ne consegue: l’assetto del pensiero, legato al coinvolgimento dello stesso nelle molteplici attività che scandiscono le nostre giornate di studio o lavorative – o entrambe – è tipicamente non razionale, ovvero legato ad una sequenza di input e codici che ne caratterizzano gli intercorsi logici, ma immersivo. Le cellule neuronali sono estremamente sensibili, specie per i più giovani, a nuove metodologie, forme di pensiero ed informazioni. Il cervello cambia forma, evolve e si allena sempre più: per coloro che lasciano gli studi per dedicarsi ad attività professionali – sempre per chi non persegue lavori di natura intellettuale – le cellule regrediscono ed invecchiano, dando luogo ad una lenta atrofizzazione del tessuto che, in ogni caso, in vecchiaia sarà evidente. The Guardian, noto rotocalco britannico, ha reso noto uno studio, ripreso da numerose testate internazionali, che sottolinea l’importanza di frequentare attivamente scuole ed università per il periodo più lungo che abbiamo a disposizione. Fa bene al cervello e alla salute.

I dati di The Lancet

Ogni anno trascorso a scuola o all’università migliora la nostra aspettativa di vita, mentre non frequentare la stessa è nocivo quanto fumare o bere molto, secondo il primo studio sistematico che collega direttamente l’istruzione al guadagno in longevità. Utilizzando prove provenienti da paesi industrializzati come il Regno Unito e gli Stati Uniti, nonché da paesi in via di sviluppo come Cina e Brasile, la revisione complessiva ha rilevato che il rischio di mortalità di un adulto diminuisce del 2% per ogni anno di istruzione a tempo pieno. Secondo l’analisi peer-reviewed pubblicata sulla rivista The Lancet Public Health, completare l’istruzione primaria, secondaria e terziaria equivale a seguire una dieta sana per tutta la vita, riducendo il rischio di morte del 34% rispetto a chi non ha un’istruzione formale. All’estremo opposto, non frequentare la scuola in nessun momento era altrettanto dannoso per la salute degli adulti quanto consumare cinque o più bevande alcoliche ogni giorno o fumare 10 sigarette ogni giorno per un decennio.

Lo studio aggiunge slancio agli sforzi in Inghilterra per garantire che i bambini restino a scuola, con gli esperti che affermano che i risultati sottolineano i collegamenti tra frequenza scolastica e salute. Ciò implica anche che l’aumento dell’età dell’abbandono scolastico e il crescente numero di giovani che proseguono gli studi successivi e superiori potrebbero aggiungere anni ai futuri livelli di aspettativa di vita. Sebbene i benefici dell’istruzione sull’aspettativa di vita siano stati riconosciuti da tempo, lo studio condotto da accademici dell’Università norvegese di scienza e tecnologia (NTNU) e dell’Università di Washington a Seattle è il primo a calcolare il numero di anni di istruzione e i suoi collegamenti con riducendo la mortalità.

L’esame condotto sulla popolazione

Sono stati identificati 17 094 dati unici, molti dei quali erano idonei per l’analisi e includevano dati provenienti da 70 località in 59 paesi, producendo un set di dati finale di 10 355 osservazioni. L’istruzione ha mostrato una relazione dose-risposta con la mortalità degli adulti per tutte le cause, con una riduzione media del rischio di mortalità dell’1,9% (intervallo di incertezza al 95% tra 1,8–2,0) per ogni ulteriore anno di istruzione. L’effetto è stato maggiore nei gruppi di età più giovani rispetto a quelli più anziani, con una riduzione media del rischio di mortalità del 2,9% (dato tra 2,8–3,0) associato ad ogni anno aggiuntivo di istruzione per gli adulti di età compresa tra 18 e 49 anni, rispetto ad una riduzione dello 0,8% (dato tra 0,6–1,0) per gli adulti di età superiore a 70 anni. Non sono stati riscontrati effetti differenziali dell’istruzione sulla mortalità per tutte le cause in base al sesso o al livello dell’indice socio-demografico. Gli studi hanno interessato 59 paesi e 70 località uniche in totale.

I dati provenivano prevalentemente da studi condotti nella superregione ad alto reddito (85,9% delle osservazioni). Al contrario, solo lo 0,6% delle osservazioni proveniva dall’Africa subsahariana e nessuna dal Nord Africa e dal Medio Oriente. Gli studi condotti nella superregione ad alto reddito avevano anche maggiori probabilità di riportare un numero maggiore di dimensioni dell’effetto per studio a causa delle diverse specifiche del modello rispetto ad altre regioni. Di tutte le osservazioni, 4844 (46,8%) su 10 355 sono state calcolate da campioni rappresentativi della popolazione, 8548 (82,5%) sono state raccolte dopo il 1990 e 8224 (79,4%) sono state raccolte in popolazioni con un’età media più vecchia di 50 anni.

Andrea Maggi

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