Le rilevazioni statistiche effettuate dall’Istat nel 2001, rispetto ai tassi di attività della popolazione di 25-34 anni, rivelano notevoli divaricazioni sia in ordine alla ripartizione geografia, sia in ordine al sesso, che al titolo di studio.
Ad esempio, nelle regioni settentrionali, il tasso di attività, ovvero coloro che sono occupati o alla ricerca attiva di un lavoro, riferito all’età 25-34 anni, è di oltre l’84% e scende, nelle regioni meridionali al 63%: quindi oltre 20 punti in meno per area geografica.
Per gli uomini il tasso di attività, nel 2001, è del 86.9%, mentre per le donne scende al 64,1%.
Il tasso di disoccupazione (calcolato come rapporto tra i disoccupati e il totale della corrispondente popolazione) dei giovani laureati si riduce in base all’età: tra 25-29 anni è del 20%, tra 30-34 anni è del 10%.
Se si considera un intervallo di età più lungo, risulta ancora più evidente che il problema della disoccupazione non si pone per i laureati. Infatti, nell’arco di età 35-64 anni il tasso di disoccupazione delle persone in possesso di laurea si riduce all’1,7%.
E’ il caso di rimarcare, inoltre, che, le occupazioni che richiedono i titoli di studio più elevati sono quelle più stabili, più retribuite e più appetite dal punto di vista professionale, rispetto alle altre che abbisognano di titoli di studio inferiore.
In definitiva, per i giovani la decisione di proseguire gli studi fino alla laurea si rivela, col tempo, vincente.
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