Categorie: Didattica

Studiare? È un gioco da ragazzi, ma torniamo a insegnare la grammatica

“Matteo Salvo, ingegnere meccanico 37enne”, già intervistato dalla Tecnica della Scuola, ha scritto un libro: il titolo è tutto un programma “Studiare è un gioco da ragazzi!”.

L’autore, leggiamo su La Repubblica, ha “una maturità classica e una passione adrenalinica per lo sport, la questione se l’è posta ai tempi dell’università.

“Allora facevo gare di motocross”, racconta, “e il mio allenatore mi spiegava sempre come fare le cose nel modo migliore, come affrontare una curva o un salto. Seguire le sue indicazioni era sufficiente  per ottenere una performance migliore. I professori, invece, mi insegnavano molte nozioni, ma non il metodo per acquisirle. Da qui il mio desiderio di capire veramente come studiare e ottenere buoni risultati facendo fruttare al meglio il mio tempo”.

Ecco i suoi consigli contenuti nel libro edito da Feltrinelli, Gribaudo:

1. Associa un’emozione piacevole allo studio. Inizia a rendere confortevole l’ambiente in cui studi. Pensa a un campione di Formula 1 e al suo Box. Nulla è lasciato al caso. Considera che ciò che rende un ambiente produttivo è molto soggettivo, ma ti sei mai chiesto come mai a volte riusciamo a fare in un’ora quello che altre volte facciamo in tre? Se l’ambiente non ti permette di essere concentrato, lavorarci sopra diventa fondamentale. Fondamentale è creare un luogo ordinato, con la giusta illuminazione, con il materiale a disposizione e che sia di tuo gradimento, con una sedia comoda, in modo da non studiare “stravaccato” sul letto. Se non hai la postazione da competizione, forse non avrai neppure la grinta giusta per “aggredire” gli argomenti. Se non sei un tipo competitivo e la materia che devi studiare proprio non ti va giù, cerca di renderla più concreta possibile, pensando ad esempi pratici. E se l’argomento proprio non si presta, pensa che, se ti concentri sul serio, finisci prima e puoi concederti un premio. Potrai andare a fare sport, uscire con gli amici…

2. Esci dallo schema di studiare per imparare e invece studia per spiegare. In questo modo la nostra mente si pone su un piano completamente diverso. Nasceranno domande del tipo: “In questa parte qual è il concetto principale da trasferire?”, “Quali sono le cose più difficili da spiegare?”. Selezionerai meglio le informazioni e sarai più pronto a comunicarle in maniera efficace. 

3. 
Pianifica il tempo che hai a disposizione tenendo conto che devi alternare lo studio alle pause perché la nostra soglia di attenzione non è costante. Dunque scandisci il tempo così: 40 minuti di studio, 15 minuti di pausa vera (gioco, passeggiata), 5 minuti di ripasso di quello che è stato fatto nei 40 minuti precedenti, poi di nuovo pausa e riparti.        

4. Parti dal macroscopico per arrivare al dettaglio. Capire com’è strutturato un libro è fondamentale per comprendere il senso di quello che studierai. Quindi leggi l’introduzione, la prefazione, l’indice e la guida al testo (se il tuo libro ne è provvisto). Non pensare che sia una perdita di tempo, anzi. Iniziare a leggere un libro, magari sottolineando tutto, senza avere una visione d’insieme che ci permette di collocare gli argomenti e di orientarci, non porterà molto distante.

5. Dai una lettura generale all’argomento che devi studiare in questo modo: leggi il titolo del capitolo e vai in fondo a vedere se c’è un riassunto o un questionario, guarda se c’è una scheda o una mappa concettuale riepilogativa, leggi i paragrafi, guarda immagini e didascalie, guarda i grafici (se ce ne sono), guarda le parole in grassetto o in corsivo, osserva se a fondo pagina ci sono parole chiave. Perché il questionario o la verifica che trovi in fondo al capitolo è così importante? Perché sarà quel 20% di domande che danno l’80% della conoscenza richiesta, quindi le prime sulle quali concentrarsi.  

6. Non sottolineare tutto perché è come non sottolineare niente. Scegli, invece, parole chiave (verbi o sostantivi) che racchiudono un’immagine o un concetto. 

7. Per memorizzare parti dal concetto che dopo due settimane ricordiamo il 10% di ciò che abbiamo letto e il 90% di ciò che abbiamo detto e fatto. Quindi lo studio deve essere attivo.

8.
 Fai delle mappe mentali su un foglio A4 o A3. Poni al centro l’argomento principale e un’immagine che lo richiami. Sviluppa i rami partendo dal nucleo centrale utilizzando lo spazio in modo omogeneo. Utilizza colori e immagini. Una mappa visibile e vivace ti resterà facilmente in mente. Inoltre, può essere utilizzata per studiare qualunque materia e per prepararsi sia per lo scritto, che per l’orale. 

9. Per memorizzare nomi, date, poesie, regole grammaticali e così via utilizza sempre un’immagine che in qualche modo richiami alla memoria ciò che devi ricordare.

10. Per imparare a esporre la lezione con successo esercitati ripetendo a qualcuno oppure utilizza la videocamera del cellulare e registrati. Solo in questo modo ti renderai conto di che cosa non va.”

 

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Morale: per comprendere un concetto, quando studiamo qualcosa, dobbiamo “capire”. Solo in tal modo si può elaborare e sviluppare un senso critico sulle cose.

Quindi, se vogliamo studenti, preparati e pronti ad affrontare la vita e la realtà, è necessario dargli gli strumenti per poter affrontare i contenuti, che sono prioritari alle competenze. Capire viene prima di fare relazioni, ad esempio, di creare un immaginario collettivo, di fare collegamenti, di mettere a confronto.
Quindi, il  “che cosa” viene prima del “chi”o del “dove”, del “quando”, del “perché”.

L’ovvietà dell’affermazione porta a delle considerazioni sul come insegnare quelle che sembrano delle ricette da applicare ad un libro che si deve leggere e a due fenomeni, che assillano la scuola italiana: l’analfabetismo di ritorno, denunciato dai professori universitari e l’analfabetismo emotivo, di cui Umberto Galimberti, filosofo e giornalista de La Repubblica, denuncia.

Questo è dovuto all’eccessivo uso del computer in classe e dei telefonini, che spese volte distraggono e sono usati senza metodo. Non è il divieto la soluzione, ma di indirizzarne l’uso alla ricerca della parola e non alla semplice informazione.

Per il primo fenomeno, senz’altro, è necessario ritornare a insegnare grammatica e mettere in atto l’educazione linguistica e letteraria, per cui gli insegnamenti grammaticali devono essere introdotti, magari con ore specifiche, anche nel triennio delle superiori (molti docenti dicono che devono insegnare letteratura e non lingua, ma la letteratura è lingua), l’attualità deve trovare un suo spazio settimanalmente, altrimenti scolliamo l’allievo dalla realtà. Il computer può aiutarci in tal senso: gli articoli di cronaca e d’opinione, i video, per la storia , Rai storia, Rai educational ci possono venire in aiuto. I video sono realizzati da storici, dalla ricerca della fonte e sono scientifici.

Il processo insegnamento/ apprendimento è complesso e l’apprendimento non avviene in classe con un semplice libro. Le sollecitazioni sono variegate.

Il secondo fenomeno, invece, parlo dell’analfabetismo emotivo, è dovuto al fatto di non alimentare tra gli allievi la discussione e la comunicazione, l’elaborazione del ciò che si fa.

Sistemi di lettura che non sono un problema solo del biennio, ma anche del triennio, devono essere prioritari alla lezione stessa, per cui , ad esempio, insegnare a sottolineare, a dividere in sequenze, diventano prioritari, in quanto portano ad un’autonomia dello studente, posto davanti ad un libro nuovo o di suo interesse.

I processi di apprendimento sono più lenti rispetto al mondo che circonda il giovane studente e le informazioni, per essere elaborate, richiedono tempo e tempi di riflessione, che sono in contrasto con il mondo attuale.

La scuola deve consentire questi tempi, se vuole essere alternativa e un luogo di reale crescita, anche emotiva.

 

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Redazione

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