Attualità

Studiare i dinosauri o Pisacane ? Lo storico Antonio Brusa: “Polemica utile al Ministro che vuole usare la storia come strumento identitario” [INTERVISTA]

Sulla polemica di queste ore sull’insegnamento della storia, abbiamo intervistato Antonio Brusa, già docente di storia all’Università di Bari e presidente della Società italiana di didattica della storia.

Allora, professor Brusa, lei che dice, facciamo studiare i dinosauri ai bambini o ci buttiamo sugli eroi del Risorgimento?

Forse al ministro piacerebbe che ci si impantanasse in questo dibattito. Eviterebbe che venisse fuori il vero problema posto dalla Commissione di riforma da lui nominata.

Si spieghi

Premetto che sono del tutto d’accordo su quanto ha scritto in queste ore su “Il Foglio” Enrico Bucci, ricercatore presso la Federico II, e cioè che i dinosauri, se studiati bene, ci possono insegnare molte cose, alquanto utili anche per i nostri tempi. Ma la domanda è un’altra: siamo proprio sicuri che i programmi vigenti prescrivano lo studio dei dinosauri e che prevedano una massa ingestibile di argomenti?

Qual è la sua risposta alla domanda?

Guardi, io sono uno storico e mi piace parlare sulla base dei documenti.
Ecco cosa si dice sull’argomento nelle Indicazioni del 2012: “… il curricolo sarà articolato intorno ad alcuni snodi periodizzanti della vicenda umana quali: il processo di ominazione, la rivoluzione neolitica, la rivoluzione industriale e i processi di globalizzazione e di mondializzazione”.
Dunque, i contenuti fondamentali del quinquennio che va dalla quarta primaria alla fine della secondaria di primo grado sono quattro/cinque. Mi sembra che l’essenziale quei programmi lo indichino con precisione.

Sì ma poi c’è la pratica didattica quotidiana e soprattutto ci sono i libri di testo

Infatti, a questo nucleo obbligatorio segue un invito ad “aggiornare” gli altri argomenti soliti di una programmazione (e quindi a rivedere i manuali, cosa ahimè che non accade di frequente, vedi il caso della piramide feudale), ma che spetta al docente inserire in un progetto la cui stesura, stando ad un dettato costituzionale che nessun decreto ministeriale può intaccare, è di sua stretta competenza.
In altre parole: le Indicazioni del 2012 segnalano un nucleo solido, fatto di pochi argomenti, intorno al quale il docente può articolare il suo curricolo. E questa storia inizia col processo d’ominazione, ben sessanta milioni di anni dopo la scomparsa dell’ultimo dinosauro.

Lei vuol dire che il Ministro non conosce con precisione il contenuto delle Indicazioni?

Questo non lo so, ma posso dire che se il Ministro voleva un programma essenzializzato e senza dinosauri, ce l’ha già. Basterebbe farlo funzionare. Già, perché la pratica, come sovente accade nelle scuole, non ha molto a che vedere con la norma. È vero, perciò, che in molte scuole si disegnano dinosauri di ogni specie (con grande soddisfazione dei bambini, riconosciamolo) e, soprattutto, che gli insegnanti si affannano, per esempio in quarta, a spiegare tutti i popoli del Vicino Oriente, entrando in crisi se hanno saltato gli Ittiti o non ce la fanno a spiegare i Micenei.

E come mai accade questo?

Anche qui la risposta la troviamo nei documenti ufficiali.
Le Indicazione del 2004 targate Moratti avevano annullato i “vecchi” programmi della Ministra Franca Falcucci (di tutt’altra pasta: e occorrerà parlarne), e introducono nel secondo biennio della primaria (dunque nelle classi seconda e terza) l’argomento “La terra prima degli uomini”, spalancando la porta ai dinosauri. E poi, se si ha la pazienza di leggere tutti gli allegati di quel lunghissimo testo, si vedrà che gli argomenti superano largamente il centinaio, bloccando in definitiva l’autonomia progettuale del docente.

E quindi cosa accadde dopo il 2004?

Quei programmi piacquero tanto che – nonostante le correzioni (dei ministri Fioroni e Profumo) – i sussidiari hanno continuato a mettere la preistoria in terza (cosa non prevista dalle Indicazioni 2012) e a infarcirli degli argomenti soliti, dando al docente l’impressione che, in fondo, nulla era cambiato, a cominciare dai dinosauri.
Se, perciò, il ministro vuole un programma essenzializzato senza dinosauri, può tenersi tranquillamente quello del 2012, e magari darsi da fare per eliminare le scorie lasciate dalla sua predecessora Moratti. 

Ma davvero, secondo lei, dobbiamo perdere tempo a discutere se i dinosauri debbano o non debbano essere studiati?

Ha ragione, perché il problema è un altro. Le Indicazioni del 2004 ambivano a trasformare la scuola in una fabbrica di ragazzi dall’identità “giudaico-cristiana” (dicevano proprio così).
Le scuole avevano saggiamente lasciato perdere questo desiderio della Ministra. Ma ora Valditara lo vorrebbe imporre.
I dinosauri (mi dispiace tanto per loro) sono solo un paravento. Dietro il Trex c’è un obiettivo politico molto serio.

Secondo lei cosa avrebbe in mente Valditara?

Mi sembra chiaro: trasformare la storia da disciplina di studio a strumento identitario. Lo si dice pari pari nel libro che Loredana Perla, presidente della Commissione di studio che dovrà redigere le nuove Indicazioni, ha scritto insieme a Ernesto Galli della Loggia, e del quale si può leggere la recensione di Luigi Cajani su Historia Ludens).
Per rubare un’espressione a Francesco Remotti, è l’identità, e non i dinosauri, a ossessionare il Ministro.

Lo scontro, insomma, è culturale e politico…

Proprio così: il vero contraddittorio è fra un curricolo identitario di storia, orientato alla costruzione di una collettività di cittadini che si sentono italiani, quale che sia la loro origine, e un curricolo cognitivo/scientifico, nel quale la storia è uno strumento di comprensione della società che va dato in dotazione a tutti i cittadini, quale che sia la loro origine, se vogliamo che partecipino responsabilmente alla vita di una società democratica.
Per quanto siano rigorosamente opposti, sono due obiettivi che nel discorso politico sono accettabili. Il punto è che non lo sono dal punto di vista scientifico. E questo è bene sottolinearlo. Nel primo modello di curricolo, infatti, la storia è asservita a uno scopo esterno alla disciplina; nel secondo, funziona solo se viene utilizzata nella sua corretta natura di scienza sociale.
E, come scrisse Roger Cousinet, uno studioso di didattica storica molto noto nelle elementari di un tempo, “tutte le volte che insegnate la storia in nome di qualcosa di diverso, insegnate qualcosa di diverso”. Ma non insegnate la storia.

A questo proposito cosa dicono le Indicazioni del 2012?

Nel paragrafo “Identità, memoria e cultura storica” c’è un passaggio molto chiaro che è bene rileggere: “Nei tempi più recenti, il passato, e, in particolare i temi della memoria, dell’identità e delle radici hanno fortemente caratterizzato il discorso pubblico e dei media sulla storia. Un insegnamento che promuova la padronanza degli strumenti critici permette di evitare che la storia sia usata strumentalmente, in modo improprio.  Inoltre la formazione di una società multietnica e multiculturale porta con sé la tendenza a trasformare la storia da disciplina di studio a strumento di rappresentanza delle diverse identità, con il rischio di comprometterne il carattere scientifico e, conseguentemente, di diminuire l’efficacia formativa del curricolo”.

Quindi, stando a quello che dicono quelle Indicazioni, il ministro vorrebbe trasformare la storia in uno strumento politico?

Stando alle dichiarazioni pubbliche, direi proprio di sì.

Però, nel testo di Perla/Galli Della Loggia, si dice che l’acquisizione dell’identità italiana è la premessa necessaria per interagire correttamente con gli altri.

Un vecchio argomento. Tanto è vero che le Indicazioni vi rispondono così: “È opportuno sottolineare come la ricerca storica e il ragionamento critico sui fatti essenziali relativi alla storia italiana ed europea offrano una base per riflettere in modo articolato ed argomentato sulle diversità dei gruppi umani che hanno popolato il pianeta, a partire dall’unità del genere umano. Ricerca storica e ragionamento critico rafforzano altresì la possibilità di confronto e dialogo intorno alla complessità del passato e del presente fra le diverse componenti di una società multiculturale e multietnica”. 
Ed è da questo ragionamento che viene ricavato il principio di semplificazione del curricolo, che ho richiamato sopra: “Per questo motivo, il curricolo sarà articolato intorno ad alcuni snodi periodizzanti della vicenda umana, quali: il processo di ominazione, la rivoluzione neolitica, la rivoluzione industriale e i processi di mondializzazione e di globalizzazione”. 

Insomma, possiamo concludere dicendo di lasciare in pace brontosauri e velociraptor?

Proprio così. Che restino il grande divertimento dei nostri bambini, mentre noi, adulti e amanti della storia, ci concentriamo sulla partita serissima, che il Ministro ha deciso di giocare, alla quale occorre prestare la massima attenzione possibile.

Reginaldo Palermo

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