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Studiare in carcere: i Poli universitari penitenziari

È salita agli onori della cronaca in questi giorni la notizia segnalata dalla Conferenza dei Poli Universitari Penitenziari Universitari, istituiti nel 2018, che hanno reso noto l’aumento del numero di detenuti che hanno deciso di accedere agli studi accademici. In particolare, il record di iscritti spetta alla Sardegna, dove il 5,4% delle persone nelle carceri dell’isola frequenta un corso in università, contro l’1,4% nazionale. Abbiamo iniziato in una ventina di atenei – ha detto Franco Prina, presidente Conferenza Nazionale dei Poli Universitari Penitenziari della Conferenza dei Rettori italiani – Oggi siamo 37 e copriamo regioni nuove, come Puglia e Sicilia, in cui stiamo attivando nuove convenzioni con i provveditorati. In totale l’anno scorso erano 920 i detenuti iscritti in università italiane che offrono questo servizio.

L’Università di Cagliari

La Rettrice del polo cagliaritano, Maria Del Zompo, ha parlato di ascensore sociale, commentando il successo degli atenei sardi in ambito carcerario. L’Università di Cagliari ha garantito lezioni e seminari, con la collaborazione di tecnici e docenti e inoltre la pandemia ha fatto sì che anche l’amministrazione penitenziaria adottasse collegamenti multimediali che hanno consentito anche in questo periodo la partecipazione dei detenuti ai corsi. Negli anni scorsi gli studi scientifici dello staff della prof.ssa Cristina Cabras – ha aggiunto il Direttore Generale dei Detenuti e del Trattamento, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia Gianfranco De Gesu – hanno dimostrato che quando i detenuti delle colonie penali sarde avevano la possibilità di acquisire competenze attraverso lo studio, il tasso di recidiva crollava.

A rivelare i dati del boom in Sardegna, ma anche a far riflettere sugli studi universitari in case di pena, è stato il Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Maurizio Veneziano, che ha definito il fenomeno delle sedi universitarie carceraria sarde fortemente significativo di un’azione ben condotta in questa regione con il supporto dell’amministrazione penitenziaria nazionale, che ha saputo creare una rete interistituzionale in grado di far salire questo dato a livelli così importanti. Inoltre, lo stesso Provveditore ha fatto rilevare come lo studio, la cultura e il lavoro, che sono considerati elementi premianti in ambito carcerario, riducano la recidiva, creando un risparmio notevole per l’amministrazione pubblica, un detenuto infatti costa allo Stato in media 300 euro al giorno.


Studi universitari e Poli Penitenziari


Attualmente sono 75 su 190 le sedi carcerarie dove sono attivi i poli penitenziari universitari. Il regolamento di esecuzione adottato con d.p.r.30 giugno 2000, n. 230 ha introdotto diverse agevolazioni per gli studi accademici, come la possibilità per gli studenti di essere assegnati a camere e reparti adeguati per potersi concentrare nello studio, di tenere nella propria camera libri, pubblicazioni ed altri strumenti didattici. I Poli universitari penitenziari sono stati realizzati grazie a protocolli d’intesa tra il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP) e/o i Provveditorati Regionali dell’Amministrazione penitenziaria (PRAP) e le diverse sedi universitarie del territorio.


Poli universitari penitenziari o – comunque – accordi volti a favorire il compimento degli studi universitari sono oggi presenti in diverse regioni italiane tra cui Lazio, Sardegna, Abruzzo, Triveneto, Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Calabria, Marche, Emilia Romagna, Puglia e Lombardia.

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Carmelina Maurizio

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