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Studiare non conviene alle donne italiane

Fra la popolazione dai 30 ai 34 anni le giovani con laurea sono il 24,2% contro il 15,5% dei maschi. Quasi nove punti che contano assai poco.
Un ritardo culturale e civile inaccettabile. “E’ una situazione che contribuisce anche a svalutare gli investimenti nell’istruzione universitaria femminile”, dice Almalaurea.
Tra i laureati specialistici biennali, ad un anno dalla laurea le differenze fra uomini e donne, in termini occupazionali, risultano significative: 7,5 punti percentuali, vale a dire lavorano 55,5 donne e 63 uomini su cento.
Le donne sono meno favorite sia perché presentano un tasso di occupazione decisamente più basso, e sia perché sono alla ricerca di un lavoro: 32% contro il 24% rilevato per gli uomini.
A un anno dalla laurea gli uomini possono contare più delle colleghe su un lavoro stabile, con un rapporto da 39 e 30%, e guadagnano il 32% in più delle loro colleghe, pari cioè a 1.220 euro contro 924 euro mensili netti delle donne.
A cinque anni dalla laurea le differenze di genere si confermano significative e pari a 6 punti percentuali: lavorano 83 donne e 89 uomini su cento. Il lavoro stabile è prerogativa tutta maschile: può contare su un posto sicuro, infatti, l’80% degli occupati e il 66% delle occupate.
Ciò dipende anche dallo sbocco prevalente nell’ambito dell’istruzione per le laureate.
Tra uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere rispetto al guadagno, lungi dal ridursi, aumentano ulteriormente: il divario cresce al 30% (1.646 contro 1.266 euro). Le differenze di genere raggiungono i 17 punti tra quanti hanno figli (il tasso di occupazione è pari all’89% tra gli uomini, contro il 72% delle laureate), mentre scendono fino a 7 punti, sempre a favore degli uomini, tra quanti non hanno prole (tasso di occupazione pari 61 contro 54%, rispettivamente).
Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a cinque anni dal titolo lavora l’81% delle laureate senza prole e 69 di quelle con figli (differenziale di 12 punti percentuali). Il differenziale retributivo e’ del 14% a favore delle laureate senza figli (1.247 euro contro 1.090 euro). La percentuale vale per tutte le categorie sociali: fra i 24 e i 55 anni le donne lavoratrici con figli sono il 55%. ”Forti sono le responsabilità in termini di politiche a sostegno della famiglia e della madre-lavoratrice, soprattutto si evidenzia con forza lo scarto occupazionale esistente tra le laureate, a seconda della presenza o meno di figli”. Perché ”se da un lato in termini di salute e istruzione la parità tra i generi si può dire raggiunta, in termini di partecipazione politica ed economica la strada da percorrere è ancora molto lunga”.

Pasquale Almirante

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