I benefici del vaccino superano di gran lunga il rischio di essere colpiti dalla rara forma di trombosi associata alla carenza di piastrine. Ma per ogni categoria anagrafica la situazione è diversa. Lo conferma lo studio Ema sul vaccino AstraZeneca, pubblicato qualche giorno fa e riportato anche da Repubblica.
Ad oggi (ma il monitoraggio da parte dell’Ema è costante e ancora in corso) la trombosi colpisce soprattutto donne giovani, e quasi nessun caso si è verificato oltre ai 60 anni, ragion per cui anche l’immunologa Antonella Viola, di recente è tornata sull’argomento precisando: “Il rischio di effetti collaterali gravi è raro, ma è maggiore nelle donne giovani, che hanno un rischio inferiore agli uomini di sviluppare sintomi severi da Covid-19. Il rapporto rischi-benefici ci suggerisce quindi di vaccinare tutti gli uomini, anche con Johnson & Johnson, ma di tenere fermo il limite di età delle donne”.
Riporta Repubblica: Esistono fasce d’età in cui il pericolo dell’iniezione è paragonabile se non superiore a quello del Covid. L’incidenza di questa sindrome è stata stimata dall’Ema in un caso ogni 100mila somministrazioni. All’inizio la morte avveniva in un caso ogni 4 o 5 trombosi. Ora che la malattia è riconoscibile e, entro certi limiti, curabile, la letalità potrebbe abbassarsi.
Secondo il rapporto dell’Ema i benefici del vaccino sono maggiori per la classe di età over 80. Entro questa categoria, in una situazione di alta incidenza dei contagi da Covid, si registra che la prima dose di vaccino previene 1.239 ricoveri ordinari, 110 in terapia intensiva e 733 morti ogni 100mila abitanti.
Sul fronte opposto la categoria tra i 20 e i 30 anni di età. In questo caso, anche a fronte di una circolazione intensa del virus, il vaccino tra i 20 e i 29 anni non previene alcun decesso da Covid, mentre provoca 1,9 casi di trombosi. Si capisce come, man mano che si scende lungo la scala anagrafica, i rischi dei vaccino possono diventare progressivamente più elevati rispetto a quelli del virus.
Nella categoria fra i 30 e i 39 anni, il rapporto costi/benefici si rivela in equilibrio: 2 morti evitate per Covid e 1,8 casi di trombosi ogni 100mila abitanti. In altre parole, in una situazione epidemiologica di scarsa diffusione del contagio, bisogna arrivare a 60 anni per vedere un reale vantaggio nell’uso di AstraZeneca.
Quanto alla seconda dose, l’Ema continua a raccomandare che chi abbia fatto la prima dose senza particolari problemi si sottoponga anche alla seconda. Una posizione che è anche quella assunta dall’Aifa e dal nostro Ministero della Salute. A riguardo, il Direttore della prevenzione Gianni Rezza: “Nessuna ulteriore inversione di marcia, neppure sulla seconda dose di chi ha già fatto la prima con Astrazeneca: avverrà con lo stesso siero”.
Intanto la campagna vaccinale del personale scolastico si è rimessa in moto, proprio con le seconde dosi AstraZeneca, che in questi giorni vengono effettuate a chi aveva fatto la prima dose a febbraio.
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