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Studio Iard: i nostri docenti non sono pentiti della loro professione

L’82% degli insegnanti italiani, benché consapevoli dei limiti di una professione – stressante, poco considerata a livello sociale e malpagata – non si sentirebbe pentito di avere scelto come professione quella di stare dietro la cattedra: è questo il dato più rilevante (e sorprendente) che proviene dalla terza indagine, a vent’anni dalla prima, realizzata dall’Istituto Iard sulle “condizioni di vita e di lavoro nella scuola italiana”. Lo studio, riassunto da Alessandro Cavalli e Gianluca Argentin in un volume (edito dal Mulino di Bologna), si basa sui pareri espressi da 3.800 docenti in servizio presso istituti della primaria e secondaria.
A colpire è senza dubbio il dato della soddisfazione inaspettata: a fronte di una scuola che negli ultimi due lustri è divenuta sicuramente più complessa (basti solo pensare all’aumento dei carichi di lavoro, della burocrazie e dei tempi di attesa per le immissioni in ruolo) e meno considerata (da studenti, genitori ed in generale a livello sociale), sorprende, infatti, l’aumento di quasi il 10% di coloro che sceglierebbero di svolgeredi nuovo la professione di insegnante”.
Dalla ricerca, che offre un insieme completo di informazioni sulle modalità di funzionamento della scuola italiana, oltre che sui vissuti dei docenti, spicca anche un altro dato: quello del dichiarato iper-impegno dei docenti. Per più del 50% dei prof, infatti, l’orario delle lezioni non corrisponde di certo a quello di lavoro: la maggior parte degli intervistati hanno ammesso di rimanere sistematicamente nell’istituto di servizio ben oltre. Sempre più “impelagati” tra attività di supporto ed extra didattiche – coordinamenti, funzioni, progetti e impegni a non finire – spiegano di intrattenersi sistematicamente a scuola ben oltre l’orario d’insegnamento. Ed in molti ricordano, se ce n’era bisogno, anche il tanto lavoro che si portano a casa, tra correzioni compiti, preparazione delle lezioni e via dicendo. Spazzando così una volta per tutte l’idea comune del prof disimpegnato che lavora, in media, tre ore al giorno.
Uno dei tabù che invece non cade è quello dell’ostracismo dei prof verso l’uso disinvolto delle nuove tecnologie: anche se i docenti ammettono che se si sono convinti in massa a ritenere utile alla professione il computer, soprattutto quando è connesso ad internet, (dieci anni fa non era proprio così…), ancora pochi lo usano in classe per fare lezione.
Alessandro Giuliani

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