Emergono dettagli terrificanti sullo stupro di gruppo avvenuto a Palermo, al Foro Italico, da parte di sette ragazzini su una giovane donna. E ancora una volta ci si chiede quanto tempo debba passare per capire che è necessario un atto di posizione dello Stato e un’educazione sessuale e affettiva svolta in maniera congiunta dalle famiglie e dalla scuola?
Nella notte tra il 6 e 7 luglio, una 19enne, fidandosi di un conoscente, è uscita con lui e i suoi amici per bere qualcosa insieme. La situazione, però, ha iniziato a prendere una piega orribile. Secondo quanto ricostruito finora dalle testimonianze, i ragazzi avrebbero fatto ubriacare e fumare la giovane e poi l’avrebbero portata in un luogo appartato vicino al lungomare del Foro Italico e da lì avrebbero iniziato a stuprarla a turno, tutto questo tra le grida della vittima e le riprese del cellulare proprio dal ragazzo che conosceva.
Tutti i responsabili dello stupro sono stati arrestati: tre subito dopo gli abusi, gli altri quattro nelle scorse ore. Uno è anche minorenne.
Inutile riportare le chat horror con i commenti degli abusi e le burla sulla ragazza o le immagini e i video della scena, la storia è stata ampiamente documentata sul web e analizzata grazie al lavoro dei carabinieri e dalla Procura diretta da Maurizio de Lucia.
Ciò che possiamo fare è capire come tutto ciò sia stato possibile. La deriva della cultura generazionale dei social e del tutto disponibile su internet non può sostituire l’educazione. Immagini porno, di abusi, di violenza non contestualizzati e spiegati riempiono l’immaginario dei giovani, senza comprendere, come è già successo, cosa significa il consenso dell’altra parte.
Ed è proprio per questo motivo che le due istituzioni più importanti della vita di un essere umano, la famiglia e la scuola, devono sotterrare l’ascia di guerra e lavorare all’unisono per questo disastro educativo. Si devono ri-costruire le fondamenta di una generazione alla deriva, ripartendo da capo, parlando anche il loro linguaggio e abbattere i muri di quegli argomenti che per anni sono stati considerati proibiti. Si parli di sesso, di violenza di genere, di relazioni tossiche a scuola, a casa, nelle comunità, ovunque siano presenti menti fresche. Il momento di agire è ora. Siamo tutti responsabili.
In un sondaggio realizato dalla Tecnica della Scuola, è emerso che “un po’ per curiosità, un po’ per bisogno, i ragazzi mostrano interesse verso corsi o incontri di educazione sessuale negli ambienti scolastici”, ma “quasi la metà non ha mai affrontato il tema”. Particolarmente interessati all’argomento i ragazzi e le ragazze nella fascia 15-18 anni; tra i più giovani, invece, della fascia 11-14, l’educazione sessuale sarebbe necessaria ma non essenziale, sottolinea il report.
Presso la Casa Internazionale della Donna in un convegno svoltosi di recente, il presidente AIED Mario Puiatti ha reso noto che sono numerose le realtà europee che non hanno provveduto ad un inserimento regolare dei programmi di educazione sessuale nelle scuole europee. “L’Italia – ha osservato il presidente – è una delle pochissime nazioni in Europa, insieme a Cipro, Bulgaria, Romania e Lituania, Spagna, prive di programmi curricolari nel merito“. Il Ministero della Salute ha rilasciato dei dati utili a comprendere il quadro organico della situazione. In assenza di una formazione adeguata e strutturata, dove gli studenti ricercano le informazioni utili e a chi si rivolgono? I consultori non ammontano a tante unità sul territorio (fatto utile a comprendere l’approccio poco pragmatico delle istituzioni). A tal proposito Puiatti ha aggiunto: “Oggi 8 studenti medi e universitari su 10 cercano le informazioni in ambito sessuale e riproduttivo su internet (solo 1 su 4 chiede in famiglia), ma la stragrande maggioranza (94%) ritiene sia la scuola a dover garantire l’informazione su sessualità e riproduzione: questi i dati dello Studio Nazionale Fertilità presentato dal Ministero della Salute (2019).”
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