La circolare del preside Paolo Fasce dell’Istituto Nautico “San Giorgio” di Genova e Camogli non passerà certamente inosservata. Già a partire dall’”oggetto” si intuisce subito dove il dirigente voglia andare a parare: “La carne è carne”, solo se sei complice.
L’apertura è pesantuccia perché propone una rassegna dei commenti contenuti nelle chat dei “ragazzi che – come ricorda il preside – hanno preso parte allo stupro di gruppo di una diciannovenne, la sera del 4 luglio, a Palermo”.
“Ritengo utile pubblicarli – scrive Paolo Fasce – perché non è escluso che nelle chat dei nostri figli appaiano commenti o considerazioni che, pur non essendo generati a valle di eventi del genere, possono essere bestialità equivalenti espresse in contesti non degni di attenzione penale, ma il salto in quella direzione è solo questione di casualità ed occasioni”.
“In rete – spiega Fasce – ho intercettato una riflessione di Nicoletta Agostino in merito alla pubblicazione e conseguente amplificazione di queste trascrizioni nella quale è stato evocato il monologo di Franca Rame relativo allo stupro da essa subito, e mi sono risoluto di riportare anche io per il motivo sopra esposto e per quelli che seguono”.
“In quell’intervento in rete – prosegue – io leggo: ‘Perché è importante rendere pubblico questo orrore, parola per parola? Perché quando i vostri figli o le vostre figlie vi chiederanno di spiegare loro cosa significa cultura dello stupro, deumanizzazione dei corpi, cultura del possesso e della prevaricazione, del dominio, voi possiate raccontarlo con le parole giuste. La cultura dello stupro, che è appresa e interiorizzata, si combatte solo così, partendo dalla consapevolezza che il sesso nello stupro non c’entra niente, e nemmeno il piacere, c’entra solo il potere.”
Rivolgendosi alle famiglie, al personale e agli studenti della sua scuola, il preside dell’istituto nautico ligure scrive poi: “Ciò che mi aspetto dagli studenti dell’istituto nautico, alcuni dei quali per meri motivi statistici si troveranno in situazioni preliminari a questo genere di degenerazioni, è che svolgano attivamente il delicato ruolo di bonificatori. Sminare il terreno dai discorsi che poi possono degenerare in atti depravati è molto più facile che opporsi quando queste situazioni si sono accese e, beninteso, se ci si ritrova in questo genere di contesti occorre frapporsi, se se ne ha la forza, o invocare le forze dell’ordine affinché intervengano, se questa non basta. Essere coinvolti in questo genere di situazione e poi recriminare perché ci si è accodati ad altri è una mera scusa psicologica che ignora il fatto che nelle dinamiche di gruppo si è trascinati e si trascina e sottrarsi è questione di adultità”.
Per concludere in modo inequivocabile, a partire da una frase scritta da uno dei “balordi” (“che dovevo fare? La carne è carne”): “La carne è carne, solo se consideri il corpo di una donna come un oggetto o una ‘cosa’ di cui disporre e se sei complice della violenza”.